Quando il mondo ti considera, neppure con troppo torto, uno dei posti peggiori dal punto di vista dei diritti umani, civili e politici, si possono fare due cose: assecondare questa narrazione o provare a ribaltarla. Mohammed bin Salman, principe ereditario del trono dell’Arabia Saudita invece, ha scelto una terza via, che consiste nel percorrerle entrambe. In parallelo.
Da un lato ha “aperto” la società saudita (virgolette obbligatorie), allentando alcune delle restrizioni che non permettevano alle donne di guidare o viaggiare da sole. Dall’altro, ha proseguito senza sosta i bombardamenti in Yemen, rendendosi protagonista di una delle più gravi crisi umanitarie del XXI secolo. E ancora, per un verso c’è l’importante investimento in Gateway KSA, un progetto che coinvolge studenti e influencer per dare una nuova immagine del Paese attraverso i suoi scorci migliori. Per quello opposto, il tremendo assassinio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi, avvenuto nell’ambasciata saudita di Istanbul nell’ottobre 2018. L’operazione di rebranding, insomma, ha subito qualche intoppo non da poco.
Arabia Saudita, Vision 2030: un programma per il futuro
Eppure lui continua a passo spedito. Incurante del discredito che l’opinione pubblica occidentale nutre nei suoi confronti, Mbs (la sigla con cui è conosciuto il giovane bin Salman) prova a offrire un’immagine di sé, e del suo Paese, di estrema modernità. Per questo ha varato Vision 2030, un «piano di sviluppo socio-economico», approvato nel 2016, come si legge sul sito dell’ambasciata saudita di Roma. Riforme strutturali, privatizzazioni e sviluppo di piccole e medie imprese, «per diversificare l’economia, creare nuove opportunità di lavoro e innalzare la qualità della vita nel Paese».
Dalla città su tre Stati al resort in 50 isole
Un piano da 96 obiettivi che ruota attorno a tre aree: una società vivace, un’economia fiorente e una nazione ambiziosa. Parole del principe, non nostre. Vision 2030 comprende anche quattro mega progetti, tutti in qualche modo legati al turismo: c’è la città del futuro, Neom, che avrà uno statuto speciale e si estenderà per tre Paesi, compresi Egitto e Giordania (costo complessivo: 500 miliardi di dollari). Il video di presentazione di Neom è abbastanza inquietante, con bin Salman nelle vesti di santone sul modello Steve Jobs. C’è il grande centro di sport, intrattenimento e cultura di Al Qiddiya, la cui prima parte sarà inaugurata nel 2023. E ancora il Red Sea Project, resort sviluppato su 50 isole nel Mar Rosso, fino ad Amaala, la Riviera del Medio Oriente, altra destinazione extralusso pensata nello specifico per i turisti internazionali.
Arabia Saudita, si può essere ricchi senza petrolio
L’idea di Mbs è quella di rendere l’Arabia Saudita sempre più indipendente dal petrolio (di cui è secondo produttore al mondo, dietro gli Usa), e per farlo ha deciso di puntare forte sul turismo di lusso. Alla base ci sarebbe la volontà di strappare alle Maldive, o ai Paesi del Golfo, il primato di destinazione preferita in Asia e Medio Oriente per i ricchi stranieri che desiderano passare qualche settimana immersi nel comfort e nello sfarzo più totale. Ad aprire la pista, lo abbiamo accennato, è stato il progetto della Ong Gateway KSA: nato da un’intuizione dell’influencer Nelleke Van Zandvoort Quispel (olandese di origini australiane) si rivolge a «policymakers e leader del futuro», ovvero «giovani uomini e donne in grado di andare oltre i titoli di giornale e i tweet di oggi, e di immaginare e concretizzare un avvenire aperto, di collaborazione e innovazione».
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Un progetto aperto anche agli studenti delle maggiori università del mondo (la prima “tornata” è stata realizzata con alcuni giovani di Harvard), per creare una rete di contatti in Arabia Saudita, e, soprattutto, per dare un’immagine del Paese diversa da quella – reale – di feudo ultraconservatore. Come raccontato in un approfondito articolo del Guardian del 2019, Gateway KSA assume influencer internazionali, li porta in visita nei luoghi più belli del Paese e, sostanzialmente, li coinvolge nella macchina della propaganda. Ai diretti interessati, però, è anche chiesto di non parlare con i media a riguardo.
Boxe e calcio: Arabia Saudita, terra di sport
Ma non solo: bin Salman vuole coinvolgere sempre più il suo Paese nei grandi eventi sportivi e portarlo ad essere un punto di riferimento nella politica internazionale. Nel 2019, a Diriyah, si è tenuta la rivincita per il titolo di campione del mondo nei pesi massimi tra Anthony Joshua e Andy Ruiz jr (vinto dal primo). E nel Regno si terrà la Supercoppa italiana del 2021 tra Inter e Juventus, probabilmente tra dicembre e gennaio, dopo che a Riad e Gedda si erano già disputate le edizioni 2018 e 2019 (e a gennaio 2020 era toccato alla Supercoppa spagnola). Attraverso il think tank FII Neo-Renaissance, poi, il principe ha l’ambizione di coinvolgere politici di tutto il mondo per progettare, e provare a costruire, un futuro all’insegna della sostenibilità ambientale e dell’intelligenza artificiale. Un nuovo rinascimento, appunto, che parta da Riad e non da Firenze: avete pensato a Matteo Renzi? Avete fatto bene.
Nonostante Human Rights Watch non manchi di sottolineare le abissali lacune del Paese, tra diritti negati e opposizione messa a tacere, pecunia non olet. Così, nel 2018, il Tony Blair Institute dell’ex primo ministro britannico aveva ricevuto dal Regno 12 milioni di dollari in consulenze. E, più di recente, non sono mancati gli incarichi per il leader di Italia Viva: 80mila euro di compenso per il suo ruolo in FII, membro del board della Commissione Reale che si occupa dello sviluppo della città di Alula ed editorialista di Arab News, quotidiano in lingua inglese con sede a Riad, di proprietà di Turki bin Salman (fratello di Mbs).
Interessi italiani in Arabia Saudita
Per l’Italia, poi, l’Arabia Saudita è un partner di rilievo. Con un interscambio che vale 6 miliardi di euro l’anno: per Riad, Roma è l’ottavo fornitore assoluto, il terzo dell’Unione europea dopo Germania e Francia, mentre nell’intera area Medio Oriente e Nord Africa, l’Arabia Saudita è il secondo mercato per l’export tricolore dopo gli Emirati. I settori in cui le aziende italiane sono più coinvolte sono quelli della meccanica strumentale, dei prodotti alimentari, delle apparecchiature elettriche e dei prodotti chimici.
Roma guarda con interesse a Vision 2030 proprio perché, con l’avanzare dei progetti, aumenta la richiesta nei settori delle costruzioni e del design (una presenza forte, nel Paese, è costituita dallo studio di architettura Studio 65, a Gedda dal 1976). E non solo, perché per le smart city ci vogliono sistemi tecnologici avanzatissimi, come quelli che fornisce Leonardo. E che dire delle infrastrutture, in cui si è inserita anche Ferrovie dello Stato con un progetto, portato avanti dal 2013 al 2018, di una linea ferroviaria che unisce Gedda, sul Mar Rosso, ad Al Jubail, sul Mar Arabico (1300 km). Tutto questo senza il bisogno di nemmeno un influencer.