Arabia Saudita, donna condannata a 34 anni di carcere per aver usato Twitter

Fabrizio Grasso
17/08/2022

Salma al-Shehab, studentessa dell'Università di Leeds, è stata accusata di seguire su Twitter dissidenti e attivisti. La attendono 34 anni di carcere. L’ultimo esempio della repressione di Bin Salman.

Arabia Saudita, donna condannata a 34 anni di carcere per aver usato Twitter

Condannata a 34 anni di carcere solo per aver usato Twitter. È quanto accaduto a Salma al-Shehab, 34enne dell’Arabia Saudita, accusata di aver seguito e ritwittato post di dissidenti e attivisti contrari a Mohammed Bin Salman, principe ereditario del regno. Dottoranda all’Università di Leeds, nel Regno Unito, e madre di due bambini, era tornata in patria per una vacanza. Immediato l’arresto e la condanna, simbolo sempre più evidente della repressione verso gli utenti di Twitter da parte delle autorità saudite. La sentenza è giunta a poche settimane di distanza dalla visita nel Paese del presidente Usa Joe Biden. Gli attivisti per i diritti umani avevano avvertito potesse arrivare un’intensificazione delle azioni del regno contro i dissidenti.

In Arabia Saudita, una donna è stata condannata a 34 anni di carcere per aver usato Twitter. Ha condiviso post di attivisti e dissidenti.
Salma al-Shehab, donna condannata in Arabia Saudita a 34 anni di carcere (Twitter)

Salma al-Shehab, chi è la donna condannata in Arabia Saudita per aver usato Twitter

La 34enne Salma al-Shehab era volata nel 2018-19 nel Regno Unito per proseguire gli studi all’Università di Leeds. Dottoranda britannica, è madre di due figli rispettivamente di quattro e sei anni, Noah e Adam. Nel 2020 era tornata in patria per una vacanza, con l’intento però di trasferirsi assieme alla sua famiglia in via definitiva in Europa. Tuttavia non è mai riuscita a ripartire. Le autorità dell’Arabia Saudita non hanno infatti tollerato il possesso di un account Twitter con cui ha condiviso i post di dissidenti e attivisti pro-democrazia. Immediato l’arresto e l’interrogatorio, che hanno portato in prima battuta a una condanna di tre anni per «aver causato disordini pubblici e destabilizzato la sicurezza civile e nazionale». Lunedì 15 agosto però la corte d’appello ha emesso una nuova sentenza: 34 anni di reclusione – più altri 34 di divieto di viaggio – per altri presunti reati.

A dare la notizia è stato il Guardian che ha potuto anche visionare gli atti del tribunale. Si legge dunque che, secondo l’accusa, «Shehab stesse aiutando coloro che cercano di causare disordini seguendo i loro account su Twitter e ritwittando i loro contenuti». Il quotidiano britannico afferma comunque che la donna possa ancora chiedere un nuovo appello. Salma possiede un account su Instagram, dove vanta appena 157 follower, ma soprattutto ne ha uno su Twitter. Con 2.597 seguaci, fra notizie sul Covid e foto della sua famiglia, spesso ha condiviso post di dissidenti sauditi che chiedevano il rilascio di prigionieri politici del regno. Fra questi, il caso di Loujain al-Hathloul, attivista femminista torturata per aver sostenuto i diritti delle donne in Arabia.

La repressione di Mohammed Bin Salman e il suo controllo su Twitter

Come riporta il Guardian, il caso di Salma è solo l’ultima prova della dura repressione del principe ereditario Mohammed Bin Salman nei confronti degli utenti di Twitter. Da tempo in Arabia Saudita vige un controllo severo degli iscritti e dei loro contenuti anche grazie all’influenza del sovrano sul social network americano. Il quotidiano britannico ha infatti ricordato la partecipazione indiretta nella società statunitense del Public Investment Fund (PIF), fondo sovrano saudita. Quest’ultimo ha anche acquistato a maggio il 17 per cento di Kingdom Holdings, società del miliardario Alwaleed bin Talal, cugino del principe, che a sua volta possiede il 5 per cento di Twitter. Il social non ha commentato il caso e ha glissato sulle eventuali influenze dell’Arabia Saudita sulla società.

In Arabia Saudita, una donna è stata condannata a 34 anni di carcere per aver usato Twitter. Ha condiviso post di attivisti e dissidenti.
Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman durante la sua visita a Parigi (Getty)

Intanto, l’Organizzazione saudita europea per i diritti umani ha condannato la sentenza di Shehab, la più lunga pena detentiva mai inflitta a un’attivista. Molte donne sono state sottoposte a processi iniqui in Arabia Saudita che anno condotto a condanne arbitrarie e gravi torture, tra cui molestie sessuali. «Siamo di fronte all’ultima manifestazione della spietata macchina repressiva di Bin Salman», ha detto al Guardian Khalid Aljabri, saudita in esilio da tempo. Intanto il Washington Post ha pubblicato un articolo in cui chiede al presidente Usa Biden di intervenire sul caso e chiedere il rilascio di Salma.