Ridateci i Walter White e i Frank Underwood

Camilla Curcio
17/11/2021

Da figure di punta a semplici comparse. I cattivi hanno fatto la fortuna di serie diventate cult ma, negli ultimi tempi, gli sceneggiatori sembrano averli mandati in pensione.

Ridateci i Walter White e i Frank Underwood

Da Tony Soprano a Don Draper, passando per Dexter Morgan, Walter White e Frank Underwood. Nelle serie tivù che hanno dominato gli Anni 2000, il centro della scena apparteneva, spesso, più che al protagonista, all’antieroe. Spietato, violento e diabolico, ha affascinato il pubblico nonostante le sue contraddizioni. Come dimostrato da cult del calibro di Mad Men, Breaking Bad e House of cards. Negli ultimi anni, però, l’appeal dei villain sembra essersi spento. E mentre la critica si innamora sempre di più di personaggi votati alla gentilezza e all’ottimismo come Ted Lasso, la parabola dell’antagonista crudele riesce a trovare spazio solo in generi meno mainstream come i western e i polizieschi.

Il discreto fascino del male

A consacrare il cattivo della storia a un’egemonia quasi assoluta sono state, senza dubbio, le sei stagioni de I Soprano. Gli uomini ideati da David Chase erano brutali, narcisi e infedeli ma avevano un magnetismo che teneva incollati gli spettatori allo schermo. Il carisma e la sicurezza che dimostravano hanno trasformato creature ripugnanti in figure avvincenti, in bilico tra il crimine e la debole prospettiva di una redenzione. Una metamorfosi aiutata sicuramente anche dalla bravura degli attori che ne hanno indossato i panni. «Il dramma dell’antieroe continuerà a rimanere nelle trame delle serie», ha spiegato alla Bbc la critica di Vox Emily VanDerWeff. «Non sparirà mai del tutto perché, soprattutto in America, è un tassello importante della storia televisiva. La gente si identifica perché a chiunque piacerebbe avere il potere, la possibilità di maneggiare certe dinamiche a proprio piacimento. Nessun istinto criminale. Si tratta di una normale reazione della nostra immaginazione alla storia che stiamo guardando, ben lontana da quella che è la realtà che viviamo».

Perché i cattivi sono in via di estinzione

Per quanto rimanga radicato nell’immaginario collettivo, però, il lato oscuro pare essere passato di moda. Difficile capire quando esattamente sia accaduto. Probabilmente a partire dal 2010, quando piattaforme come Netflix e Amazon Prime Video hanno sostituito la tivù via cavo e dato accesso a un repertorio di personaggi molto più vario. Ma non solo. Una maggiore attenzione a istanze come la diversità e l’inclusione ha portato registi e autori a mettere in scena narrazioni che non rappresentassero solo l’utente bianco, di sesso maschile, eterosessuale, cisgender e di mezz’età ma iniziassero finalmente a prendere in considerazione anche le donne, gli omosessuali, le persone di colore. Ed ecco che i drammi di privilegiati boss della mafia e ricchi politici senza scrupoli hanno lasciato spazio alla voce e alle battaglie di minoranze alle prese con pregiudizi e stereotipi radicati nella società. 

La carica dei superstiti

Nonostante abbiano perso quota, però, gli antieroi rimangono nel cuore degli aficionados. A dimostrarlo i numeri stellari che, a distanza di anni, certi sceneggiati continuano a macinare. E alle scelte di alcuni network che continuano a mandare in onda le repliche. Se si esplora bene l’universo seriale, in realtà, rimane anche qualche superstite. Ci sono infatti sceneggiatori fuori dal coro che continuano a partorire soggetti controversi e dalle storyline discutibili. È il caso di Organized Crime, lo spin-off incentrato sul detective Elliot Stabler, diventato celebre con Law&Order e impegnato in una corsa alla giustizia che lo porta al limite dell’illegalità. O The Blacklist, fiore all’occhiello del palinsesto dell’NBC, il thriller che ha esaltato alla massima potenza l’idea del protagonista che i fan amano odiare. Raymond Reddington è una mente criminale che collabora con l’FBI, il cui fascino sta nel mix tra spregiudicatezza e rara umanità. Non si può prevedere se gli antagonisti avranno la loro rivincita e conquisteranno nuovamente le scene e il favore del pubblico. Secondo VanDerWeff, vale la pena di «provare ad ampliare il discorso dell’inclusione a figure così oscure. Anche le parti peggiori della nostra personalità meritano di trovare un posto sullo schermo».