Utilizzando tecniche moderne, una squadra investigativa ha analizzato la vicenda del tradimento di Anna Frank, dando forza a un’ipotesi precedentemente poco approfondita: il delatore sarebbe stato un membro del Consiglio ebraico di Amsterdam, Arnold van den Bergh. Un ebreo, come lei e le altre sette persone che per due anni si erano nascoste all’ultimo piano dell’edificio al civico 263 del Prinsengracht, prima di essere scoperte dai nazisti e deportate. Lo racconta Chi ha tradito Anne Frank, ultima fatica letterario della poetessa e biografa canadese Rosemary Sullivan, edito da HarperCollins.
Anna Frank, le nuove indagini
Già nel 1947 il Politieke Recherche Afdeling, ovvero il dipartimento investigativo politico della polizia olandese, aveva avviato un’indagine per scoprire il delatore, che però si risolse in un niente di fatto: Willem van Maaren, magazziniere della ditta di Otto Frank (il nascondiglio si trovava in una sua sezione non utilizzata ), fu accusato ma presto scagionato. Il padre di Anna, l’unico sopravvissuto alla deportazione, iniziò a pensare che a tradirli potesse essere stato un ebreo, ma le indagini si conclusero con un nulla di fatto. Sulla vicenda è però recentemente tornato un team guidato dall’ex agente dell’Fbi Vince Pankoke, che con l’aiuto di decine di ricercatori, archivisti, analisti forensi, storici, criminologi e tecnici informatici ha passato al setaccio migliaia di documenti: quello di Anna Frank era un cold case assolutamente da risolvere. Le indagini, che hanno portato anche a numerose interviste ai discendenti di tutte le persone che conoscevano i Frank, sono durate cinque anni e si sono concluse nel 2021.
Anna Frank, chi era il delatore
Come spiega Rosemary Sullivan, eliminate quattro piste plausibili, la squadra coordinata da Pankoke è rimasta con un solo delatore possibile: il notaio ebreo, Arnold van den Bergh, membro del Consiglio ebraico di Amsterdam. Nato nel 1886, nonostante il decreto nazista che obbligava i notai ebrei olandesi a cedere la loro attività, van den Bergh era riuscito a svolgere il suo lavoro fino al gennaio del 1943, quando un collega lo denunciò alle SS. Secondo le indagini, dopo essere riuscito a mettere in salvo le figlie attraverso la Resistenza, per salvare anche sé stesso e la moglie van den Bergh offrì ai nazisti un certo numero di indirizzi di ebrei nascosti: tra essi anche il 263 di Prinsengracht. Dove, da più di due anni, si stavano nascondendo la famiglia Frank, la famiglia Van Pels e il dentista dottor Pfeffer. Otto persone in tutto, tutte deportate ad Auschwitz-Birkenau. Unico sopravvissuto Otto Frank, che dopo la guerra decise di rendere pubblici i diari della figlia Anna, conservati dall’amica e collaboratrice Miep Gies, che negli anni della loro vita clandestina li aveva aiutati e protetti.