Grandi manovre in casa Angelucci. Il gruppo editoriale romano sta puntando con decisione su Milano, dove finora è stato presente con Libero, il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Prima tappa: la scalata a Il Giornale, tassello importante nel progetto di creare in terra lombarda un polo editoriale conservatore, capace di sfidare il Corriere della Sera, su cui l’editore romano aveva per altro messo invano gli occhi ma che Urbano Cairo non ha alcuna intenzione di mollare. Tanto meno a lui. A questo scenario si aggiungono una serie di partite che rimandano ai veri interessi degli Angelucci, ovvero la politica e la sanità. La prima propedeutica all’espansionismo sulla seconda.
La strategia di Angelucci
La scommessa è chiara: Antonio Angelucci ritiene che il centrodestra a trazione Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia possa radicarsi come struttura di potere non solo a livello nazionale ma anche locale, e in zone dove finora è stato assente. E l’acquisizione de Il Giornale, per la quale esiste un preaccordo siglato sul finire del 2022, sta a dimostrare la volontà di iniziare la campagna del Nord dalla regione più ricca del Paese. L’editore e politico, deputato prima di Forza Italia e oggi della Lega, vuole inserirsi nella trasformazione di sistema che la Lombardia potrebbe avere con l’ascesa dei meloniani nei centri di potere della Regione. Per farlo deve trasformare i quotidiani di centrodestra da organi sin qui di opposizione ai governi Conte e Draghi a fiancheggiatori del nuovo esecutivo. Di cui però aspetta che si definiscano bene i rapporti tra le forze che lo compongono. In questo senso le prossime elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia saranno decisive per definire gli equilibri interni alla maggioranza, con Fratelli d’Italia che punta chiaramente a togliere spazio alla Lega nel Nord e Matteo Salvini che cerca di fare argine. Angelucci non a caso prevede il closing per il quotidiano di Via Negri nei mesi successivi alle Regionali e alla imponente tornata di nomine pubbliche del governo Meloni, dopo le quali saranno più definiti i rapporti interni alla maggioranza di centrodestra.

Il nuovo polo editoriale conservatore
Lo schema di gioco è chiaro. Il gruppo Angelucci si strutturerebbe con un attacco a tre punte. Al centro, Il Giornale, da rilanciare come quotidiano di sistema di respiro nazionale. Ai lati, Libero e Il Tempo, da centrare principalmente sulle battaglie locali, rispettivamente, di Milano e Roma. Tre testate per un progetto unico: condizionare le dinamiche di potere, fare sistema con un gruppo di lettori coerente e consolidarsi nel ricco business della sanità privata.
Editoria, politica, sanità: la rete di Angelucci
La Fondazione San Raffaele, che detiene il 40 per cento di Libero ed è complementare alla Finanziaria Tosinvest riconducibile ad Angelucci ed editore de Il Tempo, potrebbe in quest’ottica fare concorrenza al Gruppo San Donato della famiglia Rotelli, e all’Humanitas della famiglia Rocca, che si spartiscono il predominio del settore in Lombardia. La chiave di volta è l’asse editoriale tra il (formalmente) leghista Angelucci e Fratelli d’Italia. Partito che giocando di sponda con il mondo della sanità romana ha già pescato come candidato alla Regione Lazio Francesco Rocca, ex presidente della Croce Rossa Italiana e della stessa Fondazione San Raffaele. Angelucci – è chiaro – ambisce a essere attore di sistema. E questo ha indubbiamente destato preoccupazioni dalle parti di Via Solferino. Per il Corriere della Sera si prospetta l’emergere di un blocco di potere concentrato tra Milano e Roma, e ramificato tra la coalizione di governo e i suoi corpi intermedi. In una Milano dove i poteri vanno ridefinendosi, il vuoto che il possibile declino di Lega e Forza Italia alle prossime Regionali sarebbe facilmente colmabile dall’ambizioso editore.

I timori di Via Solferino: un rivale di sistema a Milano?
Da qui la mossa con cui il Corriere della Sera ha provato a mettere a nudo i conti e l’impero di Angelucci pubblicando, il 16 gennaio, i dati sui conti in Lussemburgo della Fondazione e la governance in capo agli Angelucci: Via Solferino ha voluto così mandare un segnale: sappiano i nuovi, rampanti scalatori che le loro mosse non avranno facilmente campo libero. Ma Angelucci ha subito ribattuto con un editoriale di Sallusti su Libero che ha fatto la rendicontazione dei fondi pubblici ricevuti dal Corriere sotto forma di agevolazioni, sponsorizzazioni e prestiti (velenosissimo il riferimento ai debiti verso il sistema bancario). E nelle stesse ore in cui si svolgeva la tenzone ecco diffondersi la voce della presunta volontà di Angelucci di chiudere il cerchio perfezionando l’acquisto dell’ultimo quotidiano di destra rimasto: La Verità.

Le mire sul regno di Belpietro
Tra gli addetti ai lavori c’è scetticismo sulla prospettiva che il re delle cliniche romane possa rilevare il piccolo impero mediatico di Maurizio Belpietro. Il giornalista di Palazzolo ha costruito un sistema in miniatura, battagliero e giornalisticamente arrembante. E nei ragionamenti di Angelucci sicuramente non è sfuggito il difficile equilibrio tra un progetto di sistema e il tono polemista della testata. La quale, cresciuta nei numeri con una linea duramente anti Draghi, con la moderazione imposta dall’ascesa del centrodestra al governo ha segnato, nei dati di novembre, il primo stop nella quota di vendite in edicola dopo diversi mesi. L’approccio “No tutto” inizia a pagare meno. E, soprattutto, l’ampia campagna di acquisizioni compiuta da Belpietro rende di difficile valutazione il perimetro, e dunque il valore, del gruppo editoriale che di recente ha subito due rovesci: la chiusura di Verità&Affari, il quotidiano economico lanciato con grandi ambizioni poco meno di un anno fa. E la chiusura di alcuni periodici che Belpietro aveva rilevato da Mondadori. Intanto però Angelucci pensa a chiudere con il quotidiano di via Negri. Condizionato dall’approvazione del bilancio della Società Europea di Edizione che pubblica la testata e che ha tra gli azionisti oltre a Paolo Berlusconi, la Mondadori con una quota residua. Tutto insomma verrà definito prima dell’estate. Nel frattempo molto si sarà consolidato: il voto in Lombardia, le nomine nelle partecipate, i rapporti di forza nel governo Meloni. Angelucci intende “planare” da Roma a Milano spinto dal vento in poppa di un ruolo-chiave nel sistema di governo conservatore e allettato da quel 60 per cento di elettori di centrodestra lombardi che si traducono in potenziali lettori.