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I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit

L’OBOLO DI SAN PIETRO. Il ceo di Unicredit è stato bravo e al tempo stesso fortunato nel cogliere i frutti della rete costruita da Profumo e della pulizia fatta da Mustier. Poi la guerra in Ucraina, il balzo dell’inflazione e l’aumento dei tassi hanno fatto crescere i ricavi della banca milanese più del previsto.

28 Ottobre 2022 12:59 Sebastiano Venier
I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit

Napoleone sosteneva che era meglio avere generali fortunati che bravi. Una considerazione che può valere anche per i banchieri. Prendiamo il caso Unicredit che quest’anno dovrebbe tornare a superare Banca Intesa per profitti. Vent’anni fa, quando il mercato finanziario era in grande espansione, l’allora amministratore delegato della banca di piazza Gae Aulenti Alessandro Profumo scelse la strada delle acquisizioni europee, seguendo un modello che permetteva di mettere a fattor comune la forte crescita dei nuovi Paesi dell’Est entrati nell’Ue. La visione Profumo aveva però un difetto. Mancava la percezione dei rischi che Unicredit imbarcava e che, dal crac di Lehman Brothers del 2008, sono poi risultati evidenti. L’istituto ha passato quindi un decennio a svalutare e cedere cespiti sia esteri sia italiani, a vendere Npl (i crediti deteriorati) e chiedere ricapitalizzazioni ai soci. Il lavoro sporco è toccato principalmente a Jean Pierre Mustier che ha dovuto rimettere in piedi uno stato patrimoniale alquanto dissestato, con l’obiettivo di arrivare a un’ulteriore fusione europea. Ma guarda caso proprio Mustier dimenticò un’altra massima di Napoleone: «Un uomo che non presta attenzione alle necessità dei soldati non dovrebbe comandarli». Infatti il suo lavoro non è stato apprezzato dal management e dal consiglio che nel dicembre del 2020 lo costrinse a dimettersi.

LEGGI ANCHE: Unicredit, Orcel mette mano al management e cambia idea sulla cessione del leasing

I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit
La sede di Unicredit. (Getty)

Orcel si è trovato una banca forte patrimonialmente e presente in quasi tutto l’Est Europa

È toccato al suo successore, Andrea Orcel, cogliere i frutti della rete di Profumo e della pulizia di Mustier. L’attuale ceo si è infatti trovato di fronte una banca forte patrimonialmente e presente in quasi tutto l’Est Europa. Con un problema però: la mancanza di fabbriche prodotto, cosa che avrebbe inevitabilmente comportato una carenza di ricavi. Una storia tutta diversa da quella di Banca Intesa. L’aggregazione nel 2007 con San Paolo-Imi benedetta dall’allora governatore di Bankitalia Mario Draghi ha prodotto una specie di oligopolista nazionale, ricco di prodotti da vendere e con una qualità del credito superiore. Due condizioni che hanno consentito al suo ad Carlo Messina di compiere l’integrazione verticale delle filiere del credito e distribuire copiosi dividendi. Un modello che ha funzionato e che funziona ancora. Dopotutto è quello che pensa anche Orcel quando di recente ha dichiarato: «L’Italia ha due campioni europei. Intesa è la banca domestica, Unicredit il miglior istituto paneuropeo».

I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit
Alessandro Profumo. (Getty)

Quella di Unicredit è stata una strategia realistica, non innovativa

L’organizzazione di Intesa si basa essenzialmente sulle fabbriche prodotto ed è certamente redditizia se la congiuntura i mercati tendono a crescere, anche se sostenere un generoso buy-back (l’acquisto di azioni proprie) e una forte politica di dividendi è stato giudicato da alcuni analisti eccessivo. Ma che cosa ha portato il cauto Messina a spingersi in questa direzione? Prima di tutto la speranza che l’economia avesse superato i timori di recessione legati al Covid. Poi il fatto che il nuovo piano di rilancio Unicredit non prevedeva nulla di clamoroso. Nei fatti proseguiva quello di Mustier. Puntava ancora su un’organizzazione orizzontale, voleva ridurre l’onerosa e inefficiente organizzazione, cambiare continuamente i manager e restituire ai soci quote di patrimonio in eccesso prodotte dall’ex ceo francese. Un po’ di buy-back ma nessuna accelerazione sui dividendi visto le carenze del conto economico. Una strategia realistica, non innovativa.

I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit
Jean Pierre Mustier. (Getty)

Orcel è il mago delle fusioni e per mesi ha alimentato l’idea che arrivasse qualche sorpresa

Un’altra cartuccia che Unicredit poteva sparare era la possibile fusione con un altro istituto. Orcel è il mago delle fusioni e per mesi ha alimentato l’idea che dietro l’angolo ci potesse essere qualche sorpresa. E questo è bastato ai gestori per comprare il titolo. Per sostenere questa tesi, il ceo ha prima tentato l’operazione Montepaschi che si è chiusa con un nulla di fatto. Unicredit non accettato la dote di quasi 6 miliardi che il Mef aveva messo sul tavolo e un’ulteriore pulizia di Amco, per poi vedere il Monte ricapitalizzato con soli 2,5 miliardi. Anche le acquisizioni di Banco Bpm o della tedesca Commerzbank non sono riuscite. Sembrava quindi che Orcel avesse perso il suo tocco magico e il titolo cominciava a soffrirne. Ma la vita è bella perché presenta sempre delle sorprese.

I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit
Il ceo di Unicredit Andrea Orcel. (Getty)

I costi operativi sono ridotti del 3,1 per cento, l’andamento è stato superiore alle attese

La guerra tra Russia e Ucraina, il balzo dell’inflazione e l’aumento dei tassi hanno cambiato completamente lo scenario. E riacceso l’entusiasmo degli analisti e le prospettive del titolo Unicredit. Specialmente i tassi, al di là della eccentrica politica della Bce, sono cresciuti. Ma in modo differenziato e soprattutto nei Paesi dell’Est Europa che risentono maggiormente del conflitto ucraino. E così l’istituto milanese senza far nulla ha visto crescere i suoi ricavi. Nel terzo trimestre ha riportato un utile netto di 1,3 miliardi che sale a 1,7 miliardi includendo le attività russe a fronte di un miliardo previsto dagli analisti. Escludendo l’impatto della Russia, i ricavi netti di piazza Gae Aulenti si sono attestati a 4,2 miliardi, in aumento del 6,8 per cento, con un margine d’interesse a 2,2 miliardi (+4,8 per cento) e commissioni a 1,6 miliardi (-1,8 per cento). I costi operativi sono ridotti del 3,1 per cento. L’andamento è stato superiore alle attese «per un forte risultato dei proventi da attività di negoziazione grazie al contributo della Tesoreria e alla forte domanda di prodotti di copertura da parte delle imprese».

I colpi di fortuna di Andrea Orcel nel rilancio Unicredit
Piazza Gae Aulenti. (Getty)

I ricavi sono cresciuti non per il piano industriale, ma grazie al rialzo dei tassi

Bravura? Sì. Orcel sta gestendo in prima persona la crisi sulla tolda del Corporate e investment banking e questo, conoscendo le sue qualità di banker, ha consentito un’ulteriore crescita. I ricavi però sono cresciuti non per il piano industriale, ma grazie al rialzo dei tassi. Il ceo ha capito subito che il vento stava cambiando e ha colto al volo l’occasione. Ha sfruttato al meglio la rete creata da Profumo e ripulita da Mustier. È stato abile e veloce. Come si diceva all’inizio, avere fortuna è una qualità che non guasta. Anche se si potrebbe maliziosamente osservare che la stessa storia di Napoleone insegna che in questo modo si vincono le battaglie, non le guerre.

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