Amministrative 2022: le sfide più attese dei ballottaggi

Paola Alagia
26/06/2022

Da Verona ad Alessandria, i ballottaggi possono riscrivere gli equilibri del centrodestra, con Meloni pronta allo strappo. Ma saranno anche la cartina di tornasole per la tenuta di un possibile campo largo. Le sfide da tenere d'occhio.

Amministrative 2022: le sfide più attese dei ballottaggi

Un capoluogo di regione (Catanzaro) e 12 di provincia (Verona, Alessandria, Monza, Gorizia, Piacenza, Como, Cuneo, Lucca, Barletta, Parma ma anche Frosinone e Viterbo) alla sfida dei ballottaggi. Si chiude domenica la partita di queste Amministrative che già al primo turno ha riservato numerose sorprese. A cominciare dall’affermazione di Fratelli d’Italia al Nord, ai danni soprattutto della Lega, e fino alla sonora sconfitta, con percentuali che non hanno superato il 6 per cento, del Movimento 5 stelle. Ma tra rimescolamenti, sgambetti e mancati apparentamenti, questo secondo tempo elettorale si preannuncia non meno scoppiettante.

Occhi su Verona e su Tosi, ago della bilancia tra Tommasi e Sboarina

La sfida più attesa rimane quella di Verona. Nella città scaligera a contendersi la fascia di primo cittadino sono l’ex calciatore Damiano Tommasi, che gode del sostegno del centrosinistra, e il sindaco uscente Federico Sboarina, candidato di Fratelli d’Italia e sostenuto dalla Lega, ma non da Forza Italia. Gli azzurri, infatti, avevano appoggiato l’ex leghista Flavio Tosi che con il suo 23,88 per cento di consensi potrebbe essere l’ago della bilancia. Il condizionale è d’obbligo perché nonostante la mano tesa (e interessata) di Tosi, che nel frattempo ha ufficializzato il suo ingresso in Fi, Sboarina ha rifiutato l’apparentamento. «Un errore madornale» ha subito commentato il segretario del Carroccio Matteo Salvini che, tra la vittoria del centrodestra, seppure con un candidato meloniano, e il rischio di un processo interno in una delle roccaforti della Lega come il Veneto, non ha avuto esitazioni a schierarsi. Ma tant’è. A questo punto non rimane che capire cosa decideranno di fare i tosiani al seggio, visto che neppure il pressing su Sboarina per un’intesa da parte della leader di FdI Giorgia Meloni ha sortito gli effetti sperati.

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Federico Sboarina, sindaco uscente e candidato di FdI e Lega a Verona (da Fb).

Giusto per movimentare ancora di più questa delicata partita, è entrato in gioco pure il vescovo di Verona Giuseppe Zenti con una lettera ai parroci e tanto di invito a non votare candidati che sostengono ideologie gender. Da qui a parlare di endorsement per il candidato di centrodestra solo perché nel 2019 a Verona si tenne il congresso della famiglia, però, ce ne passa. Ma è bastato, comunque, per provocare la reazione di Carlo Calenda (anche lui schierato al fianco di Tommasi) che ha parlato secco di «gravissima ingerenza».

L’attrazione di Calenda per il centrodestra, da Frosinone a Lucca

Ecco, Calenda che in questa tornata elettorale si è distinto per il suo volare di fiore in fiore. E così a Frosinone, per esempio, dopo la sconfitta del centrista Mauro Vicano, lo ritroviamo ad appoggiare il candidato di centrodestra Riccardo Mastrangeli che aveva raggiunto il 49,26 per cento dei consensi, sfiorando la vittoria alla prima tornata e staccando di quasi 10 punti il competitor del centrosinistra Domenico Marzi appoggiato dal Pd (al 39,13). Una scelta che ha irritato e non poco il dem Francesco Boccia, responsabile di regioni ed enti locali nella segreteria nazionale. «Ha fatto una scelta di campo», ha dichiarato riferendosi a Calenda, «ha deciso di appoggiare il candidato della destra di Salvini e Meloni. Una scelta politica grave, sbagliata e contraddittoria per le posizioni politiche espresse sin qui da Azione sulla destra e in vista delle elezioni regionali prossime nel Lazio».

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Carlo Calenda (da Fb).

E che dire di Lucca? Anche qui, Calenda (obtorto collo?) si ritrova al fianco delle destre. Il direttore d’orchestra Alberto Veronesi, figlio del celebre oncologo, sostenuto al primo turno da Azione e Italia viva, infatti, ha deciso di portare in dote il 3,65 per cento dei suoi consensi a Mario Pardini e non a Francesco Raspini (centrosinistra). Contro Veronesi, naturalmente, si sono abbattuti gli strali dell’ex ministro dello Sviluppo economico: «Quando si sbaglia è doveroso ammetterlo. Veronesi sembrava una persona seria. Si è dimostrato non solo un incapace, ma anche disposto ad appoggiare la peggior coalizione di destra delle amministrative al secondo turno. Scusateci», ha cinguettato a stretto giro. Senza però poter cambiare i giochi. Al punto che dal centrosinistra, un big vicino al dossier delle Amministrative consegna a Tag43 questa riflessione: «Il leader di Azione? Più che scusarsi, serviva un lavoro a monte sui territori per scegliere i candidati». A Lucca, comunque, almeno guardando i risultati del primo turno, proprio il centrosinistra parte in vantaggio: Raspini ha totalizzato il 42,65 per cento dei consensi contro il 34,3 di Pardini che, però, si è apparentato nel frattempo con i neofascisti di Casapound. Il loro peso lo hanno misurato il 12 giugno, schierandosi con Fabio Barsanti che ha portato a casa il 9,5 per cento di preferenze. Un apparentamento che, c’è da dire, è risultato scomodo pure dalle parti dello stesso centrodestra. Basti pensare che ha dato il la all’addio a Forza Italia di un esponente nazionale di lungo corso come Elio Vito.

Alessandria, banco di prova del campo largo

Oltre che a Verona e Lucca, comunque, il centrosinistra è avanti pure a Como e a Cuneo, anche se qui il campo largo lettiano non è decollato e quindi Pd ed M5s non sono insieme, come del resto a Piacenza e a Parma. Ma il centrodestra è costretto a rincorrere gli avversari persino ad Alessandria. E l’esito di questo ballottaggio, in particolare, un po’ come quello sotto l’Arena, è destinato a pesare sul futuro dell’intero schieramento, Lega in primis. Si tratta, tanto per cominciare, della città del capogruppo del Carroccio alla Camera Riccardo Molinari che infatti si è speso non poco per tenersi stretto il suo feudo (senza contare poi che a urne chiuse i riflettori saranno puntati soprattutto sui voti di lista per la sfida al primato con Fratelli d’Italia). Non solo, ma a correre per conquistare la poltrona di primo cittadino è proprio un leghista: il sindaco uscente Gianfranco Cuttica. Dovrà vedersela con Giorgio Abonante. In questa sfida potrebbe rivelarsi decisivo l’appoggio che ad Abonante arriva dal terzo classificato al primo turno, il centrista Gianni Barosini, sostenuto nella prima tornata da Carlo Calenda e che ora offre in dote un ragguardevole 15 per cento di consensi raccolti. A spoglio concluso, insomma, sapremo se l’esperimento di campo largo, stavolta dal M5s ad Azione, proprio secondo i desiderata di Enrico Letta, sarà riuscito o meno. Alessandria a parte, però, per la Lega le cose si metterebbero davvero male se non vincesse la partita di Monza. Qui il centrodestra parte in vantaggio ed è il centrosinistra a inseguire. Ma da questa metà campo mostrano una certa fiducia e fanno notare a Tag43 che «comunque per l’uscente Dario Allevi già non vincere al primo turno è stata una amara sorpresa». Lo scarto con il candidato del centrosinistra Paolo Pilotto è di sette punti (47 per cento contro 40). Insomma, non un distacco insormontabile. Tanto che lo stesso Letta vede la rimonta possibile.

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Michele Guerra, candidato di centrosinistra a Parma (da Fb).

A Parma debutto per i dimaiani?

Se Alessandria potrebbe rivelarsi un laboratorio per il tanto bistrattato – sia dai detrattori interni che esterni al Pd – campo largo, anche Parma può diventare un modello. Qui il primo elemento da registrare è l’assenza del Movimento 5 stelle. In compenso è avanti il candidato sostenuto dal sindaco uscente ed ex pentastellato Federico Pizzarotti, vero king maker della partita: si tratta del suo ex assessore Michele Guerra. Non c’è molto tempo, ma chissà che una mano al Pizza non arrivi dal neonato gruppo parlamentare dei dimaiani, visto che secondo i rumor proprio l’ex sindaco sarebbe tra gli interlocutori, insieme a Beppe Sala, Luigi Brugnaro e Dario Nardella, del ministro degli Esteri per un futuro progetto politico. Comunque sia, è ancora troppo presto, ma soprattutto non è certo un eventuale e informale endorsement di Insieme per il futuro a spaventare il centrodestra che sostiene Pietro Vignali. Da quest’area, infatti, con Tag43, si limitano a un tranchant «Per il momento è solo un’operazione confinata in Parlamento». Una cosa è certa: Guerra riparte da un 44 per cento, più del doppio dei consensi totalizzati dall’aspirante sindaco di Lega e FI che, però, domenica potrà contare anche sull’aiuto (7,5 per cento) di Priamo Bocchi, sponsorizzato da FdI al primo turno. La vera incognita rimane quel 13,5 per cento totalizzato dal candidato civico Dario Costi insieme alle quattro liste che lo hanno sostenuto, visto che ha lasciato libertà di scelta ai suoi sostenitori per il ballottaggio.

Il centrodestra si ricompatta a Catanzaro

Il centrodestra, alla fine, si ricompatta a Catanzaro, l’unico capoluogo di regione in corsa il 26 giugno. Nella città calabrese, un po’ come a Verona, la coalizione non si è presentata da subito unita. Tant’è che FdI ha sostenuto la corsa di Wanda Ferro. Soltanto nei giorni scorsi la candidata meloniana ha ufficializzato il suo supporto all’aspirante primo cittadino spinto da Lega e FI, Valerio Donato. Il prof universitario è in testa con il 44 per cento e dovrà vedersela con un suo collega, Nicola Fiorita (31,7 per cento di preferenze), appoggiato dal tandem Pd-M5s. Ma che ha incassato il sostegno di Antonello Talerico, il candidato sostenuto da liste di area centrodestra e Noi con L’Italia che ha ottenuto oltre il 13 per cento. Senza apparentamenti, però. Talerico ha messo in chiaro, infatti, che non entrerebbe a far parte della coalizione giallorossa.

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Valerio Donato, candidato di centrodestra a Catanzaro (da Fb).

La sfida tra FdI e Lega-Fi a di Cassago Magnano, casa di Bossi

Domenica, insomma, con tutti questi rimescolamenti se ne vedranno delle belle. Anche in città più piccole, ma non per questo meno indicative del quadro politico che si andrà a delineare. Come non pensare, per esempio, a Cassano Magnago, comune della provincia di Varese e soprattutto casa di Umberto Bossi. Proprio qui, infatti, la sfida sarà tutta interna al centrodestra: Fratelli d’Italia versus Carroccio. Nella città natale del Senatur Pietro Ottaviani, sostenuto da Giorgia Meloni, che è avanti con il 35,6 per cento, proverà a conquistare la fascia tricolore, sconfiggendo Osvaldo Coghi (che parte dal 20,37 per cento), in quota Lega-FI. Almeno a Carrara le camicie verdi possono consolarsi. Hanno incassato l’appoggio dell’ex candidato sindaco ed ex sottosegretario Cosimo Ferri, di Italia viva. Il partito di Renzi ha rotto l’accordo col Pd e dirottato il suo 15 per cento sul leghista Simone Caffaz, lasciando a bocca asciutta la dem in corsa Simona Arrighi. Ebbene sì, è successo anche questo nella torrida campagna elettorale per le Amministrative 2022. Non solo, ma un Ferri risentito, intervistato da Repubblica, non ha nascosto le sue speranze: «Mi auguro che il Pd perda». Ben più diretto e franco del suo leader ai tempi del mitico «Enrico stai sereno».