La disfatta a Milano di Luca Bernardo diventa anche il tracollo di Matteo Salvini che ora dovrà raffrontare la fronda interna della Lega. E la resa dei conti all’interno del centrodestra. Dalle Amministrative infatti non è arrivato alcun salvagente, anzi. Dal ministro dello Sviluppo economico e vice Giancarlo Giorgetti ai presidenti di Regione del Nord Est, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, in molti presenteranno il conto al segretario già colpito dal caso Morisi.
La sconfitta di Bernardo a Milano anticipa la resa dei conti nella Lega
Il leader della Lega ha infatti puntato su un candidato apparso debole fin dal primo momento. E il risultato è al di sotto addirittura delle peggiori aspettative, con Beppe Sala riconfermato sindaco con percentuali che si avvicinano al 60 per cento. Eppure Salvini ha insistito su Bernardo, dopo una lunga querelle sul nome del candidato, convinto che il suo profilo civico potesse funzionare. E fino all’ultimo ha fatto professione di ottimismo: «Sono entusiasta di Bernardo», diceva solo qualche ora fa. Aggiungendo: «Non escludo di arrivare davanti al ballottaggio». Il risultato delle elezioni dice però tutt’altro, anticipando la resa dei conti interna al Carroccio. «Abbiamo scelto i migliori candidati possibili, non criticherò nessuno, ma il voto di continuità nelle città e il non voto di dice che abbiamo fatto tardi nella loro scelta», ha cercato di minimizzare Salvini, commentando a caldo il voto e sostenendo di dover fare «autocritica». Parole che a molti suonano come l’apertura di una fase nuova all’interno della Lega. «Qualcosa bisogna cambiare, non possiamo fare finta di nulla», viene sussurrato da un dirigente leghista a Tag43, ancora alle prese con il conteggio delle percentuali elettorali. Significa che Salvini dovrà passare la mano? «No», rassicura ancora la fonte interna. Si vedrà. Sul tavolo del confronto c’è, comunque, una certezza: Giorgetti, il grande teorico della linea governista ostile al sovranismo salviniano, aveva previsto l’affermazione di Sala già al primo turno. Lo avevo detto senza troppi fronzoli in un’intervista a La Stampa, bocciando il candidato del centrodestra, indicato proprio dal suo partito.
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I nuovi equilibri all’interno del centrodestra
La competizione si apre non solo all’interno della Lega, ma in tutto il centrodestra. Forza Italia rivendica una rinnovata centralità confermata anche dalla vittoria di Roberto Occhiuto, capogruppo azzurro alla Camera, in Calabria. «Quando noi riusciamo a trainare la coalizione si vince», ha dichiarato il deputato azzurro, Alessandro Cattaneo, molto vicino a Silvio Berlusconi, parlando dei risultati elettorali. «Dove i candidati sono stati scelti bene, scelti da Forza Italia, sono arrivati i risultati». Un ragionamento condiviso nel partito, per cui da questo voto arriva una boccata d’ossigeno. Anche in questo caso è partito il processo al leader della Lega. «Ogni volta che Salvini ha imposto i candidati, è andata male. Anche quando prendeva il 30 per cento. Figuriamoci adesso…», sottolinea una fonte parlamentare di Forza Italia, non lesinando critiche al leader della Lega. «È finito il centrodestra a trazione sovranista», aggiunge un altro azzurro. «Ci sono i sondaggi ma poi conta il voto. In generale bisogna darsi una calmata perché questo voto è un forte campanello d’allarme». E all’interno di Fratelli d’Italia, nonostante un risultato non eccezionale per Enrico Michetti a Roma sempre più vicino al ballottaggio con Roberto Gualtieri, sono pronti a rilanciare la sfida. Dalle parti di Fdi osservano: «Michetti andrà al ballottaggio in una competizione elettorale difficile come quella romana. Sarà stato anche un candidato debole, ma può giocarsi le chance di vittoria grazie alla forza della coalizione». Una coalizione che, nella Capitale, è trainata dal partito di Giorgia Meloni. E ora, provando a schivare le conseguenze dell’inchiesta Lobby nera, è pronta a lanciare l’opa definitiva sulla leadership del centrodestra. Approfittando della difficoltà del Capitano.