I Simpson, Doraemon, Pikachu e Topolino. I cartoni animati che hanno segnato l’infanzia e l’adolescenza di intere generazioni scendono in passerella e invadono le collezioni dei grandi marchi. Una liaison del tutto inedita, perfettamente in linea con le nuove tendenze dell’alta moda. Che, stanca di isolarsi in una torre d’avorio, tenta di raggiungere un pubblico sempre più ampio e variegato.
I Simpson in passerella a Parigi
Grande protagonista dell’ultima settimana della moda parigina, Demna Gvasalia, direttore creativo di Balenciaga, ha portato nel suo ultimo défilé tutta la sua passione per i Simpson. Il progetto, iniziato più di un anno fa, sarebbe partito con una mail al fumettista Matt Groening, padre della serie. La richiesta dello stilista georgiano era semplice: realizzare un episodio speciale del cartone per la sfilata al Théâtre du Châtelet. Una volta trovato un accordo e discusso dei dettagli, i due hanno trascorso intere settimane a lavorare insieme sul copione. Fino a ottenere un risultato che ha lasciato a bocca aperta invitati, addetti ai lavori e fan del brand. Un filmato di 10 minuti costellato di riferimenti alla storia e all’identità della maison e, soprattutto, agli stereotipi che, da anni, popolano il fashion system. Tutti temi a cui Gvasalia e Groening hanno dato voce attraverso l’ironia graffiante di Bart, Lisa, Homer e Marge, rigorosamente vestiti, dalla testa ai piedi, coi nuovi pezzi della collezione. Il video, che ad oggi conta più di 8 milioni di visualizzazioni, è stato soltanto uno dei tasselli di un evento unico nel suo genere. È spiccata, infatti, l’assenza di modelli professionisti, mentre i capi sono stati indossati da ospiti illustri e membri dello staff. Si tratta dell’ennesimo segnale del desiderio consapevole o inconsapevole della moda di alto rango di diventare virale per non perdere quota e, soprattutto, per conquistare una fetta di acquirenti più eterogenea.
L’amore dell’alta moda per i cartoni animati
Ancor prima di Balenciaga, però, l’haute couture aveva già manifestato il suo interesse per i personaggi dei film d’animazione. Seppur con intenzioni ben diverse rispetto a quelle di Gvasalia. Dopo aver sdoganato Dumbo, agli inizi del 2021 Loewe ha realizzato una capsule collection di vestiti e accessori impreziositi da disegni e figure tratte da Il mio vicino Totoro, pellicola giapponese prodotta dallo Studio Ghibli nel 1988. «Lo abbiamo scelto perché rappresenta in pieno quelli che sono i nostri valori fondamentali: la fantasia, la spontaneità e l’amore per le cose fatte a mano», ha spiegato in un comunicato riportato da S Moda il creative director Jonathan Anderson. E, esattamente un mese dopo, per celebrare il Capodanno cinese, anche Gucci (che aveva già collaborato con la Disney in passato) ha messo gli occhi su Doraemon, trasferendone la silhouette su felpe, t-shirt e borse. Dando vita a un’iniziativa dal duplice valore: celebrare il cinquantesimo anniversario del gatto spaziale e i cento anni dell’azienda. Molto più tecnologico, invece, l’approccio di Longchamp che, in partnership con Pokémon Go, ha ravvivato la sua borsa Le Pliage con simpatiche riproduzioni di Pikachu. E non solo: ha dato la possibilità ai clienti di scaricare una versione speciale dell’app nella quale il giocatore poteva scegliere di indossare una versione virtuale dello zaino o della sacca appena comperata.
Cartoni e moda, una strategia con obiettivi precisi
La novità del fenomeno, dunque, non sta tanto nella scelta dei soggetti (già ampiamente declinati da aziende come Nike, Levi’s e Converse, a metà tra le griffe e il fast fashion) ma nel fatto che il lusso si sia appropriato di un repertorio decisamente poco affine ai suoi canoni. Le ragioni di questa strategia sono diverse: la prima, sicuramente, riguarda il peso dei guadagni macinati dal mercato del merchandising, che copre oltre due terzi della fatturazione totale dei franchise, molto più dei videogiochi o delle serie tivù. Poi, la possibilità, attraverso la selezione di determinati soggetti, di avvicinarsi ancora di più a target differenziati come la Generazione Z e di assecondare tendenze che, per quanto periodiche, sembrano non sparire mai davvero. Una su tutte: il fascino del vintage e la nostalgia del passato. In ultimo e non per importanza, il desiderio di trovare un modo per proiettarsi nel futuro. Come ampiamente dimostrato dalle numerose e frequenti contaminazioni tra la moda e il mondo dei videogame. Da Moschino a Valentino, fino a Marc Jacobs, sono stati diversi gli atelier che si sono lasciati sconsacrare dalle influenze del gaming. I tempi sono evidentemente cambiati e al giorno d’oggi, forse, su un paio di sneaker o una pochette, conta molto di più l’effige di un manga o di un Pokémon che la firma di un noto stilista.