Il destino incerto del fondatore Jack Ma e la maxi-multa da 2,78 miliardi imposta da Pechino non sono gli unici casi a preoccupare il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba. Domenica 8 agosto, infatti, la società ha annunciato la propria collaborazione con la polizia per un’indagine sulle accuse di violenza sessuale che una dipendente ha rivolto al suo capo e a un cliente. I fatti sarebbero successi durante un viaggio di lavoro nella città di Jinan, nella provincia orientale dello Shandong. Alibaba ha quindi licenziato il sospettato e ha ribadito la «tolleranza zero» verso questo tipo di condotte. Due responsabili delle risorse umane, non in grado di gestire correttamente le accuse della dipendente, si sono invece dimessi. A loro, infatti, si era inizialmente rivolta la donna, ma la questione era stata accantonata senza alcun provvedimento.
A female employee of Alibaba has accused her boss of rape. She posted a detailed account of the alleged incident, using her real name, on the company’s intranet a few hours ago.
— Mengyu Dong (@dong_mengyu) August 7, 2021
La notizia è subito diventata di dominio pubblico, e domenica sul social cinese Weibo l’hashtag di sostegno nei confronti della donna è stato tra i più popolari. I media statali hanno anche citato un memorandum interno dell’amministratore delegato Daniel Zhang, in cui si definiva «scioccato, furioso e imbarazzato» per il caso. «Sarà licenziato e non sarà mai più riassunto», continua la nota. Il manager accusato ha ammesso che «ci sono stati atti intimi» con la donna, ma «sarà la polizia a determinare se sono stati commessi reati», conclude il Ceo.
Alibaba e le accuse di stupro
La donna ha affermato che il suo manager l’ha costretta a recarsi nella città di Jinan, che dista circa 900 chilometri dalla sede centrale di Alibaba a Hangzhou, per un incontro con un cliente. Ha accusato i suoi superiori di averle ordinato di bere alcolici con i colleghi durante la cena, e ha detto di aver ricevuto un bacio – non voluto – dal cliente, ma di non ricordare altro di quella notte. Al suo risveglio era però completamente nuda. Nei filmati delle telecamere si sorveglianza si vede il suo capo entrare nella stanza per ben quattro volte durante la serata.
Dopo essere tornata a Hangzhou, la donna ha segnalato il caso al dipartimento delle risorse umane di Alibaba e al senior management, chiedendo il licenziamento del suo capo. Un grido rimasto inascoltato e che ha mandato su tutte le furie Zhang: «I responsabili delle risorse umane non hanno prestato sufficiente attenzione e cura alle nostre persone, non hanno avuto empatia e sensibilità. Hanno commesso un grave errore di valutazione». Parole che hanno portato i due, Li Yonghe e Xu Kun, a dimettersi.
Alibaba e Pechino, un rapporto difficile
La stretta del governo sulle big tech cinesi ha colpito in questo periodo anche Alibaba. Il suo fondatore, Jack Ma, è passato dalle stelle al quasi totale anonimato. Sparito per tre mesi dopo aver duramente criticato l’esecutivo, è riapparso in pubblico a gennaio ma si è nuovamente eclissato. Adesso, da ciò che si sa, si dedica ai suoi hobby e alla filantropia, ma vive rigorosamente fuori dai riflettori. Ad aprile, il governo aveva anche colpito il più grande e-commerce al mondo con una multa da 2,7 miliardi di dollari (oltre 18 miliardi di yuan) per aver abusato della propria posizione dominante a danno della concorrenza.
Il #MeToo cinese
I casi di violenza sessuale hanno avuto sempre più attenzione in Cina, soprattutto da quando, nel 2018, il movimento #MeToo si è diffuso anche nel Paese. In uno dei casi più gravi, a inizio agosto la polizia di Pechino ha arrestato la pop star sino-canadese Kris Wu con l’accusa di stupro. Wu era stato accusato da una studentessa di 19 anni di averla violentata due anni prima. L’accusa, cui avevano fatto seguito altre sette dichiarazioni analoghe, hanno portato diverse aziende ad allontanarsi dal cantante.