La prima sezione penale della Cassazione esprime le motivazioni della sentenza depositata in data odierna e relativa al rigetto del ricorso della difesa contro l’ordinanza in cui il tribunale di sorveglianza di Roma aveva confermato il regime del 41-bis per Alfredo Cospito, nel dicembre scorso. La chiave della sentenza sta tutta in quella che viene definita una evidente pericolosità dell’anarchico.
La sentenza della Cassazione su Alfredo Cospito
Il leader del FAI, in sciopero della fame da diversi mesi, secondo la Cassazione «potrebbe continuare ad essere, se sottoposto a regime ordinario, punto di riferimento e fonte di indicazione delle linee programmatiche criminose e degli obiettivi da colpire». Nel documento si legge inoltre che Cospito «non ha in alcun modo manifestato segni di dissociazione e, anzi, ha continuato con i suoi scritti fino ad epoca recente a propugnare il metodo di lotta armata». In virtù di tali motivazioni, sempre secondo gli atti, viene posta al centro quella che viene indicata come «l’evidente pericolosità» dell’anarchico. I giudici hanno sottolineato la nascita della Fai-Fri (Federazione Anarchica Informale-Fronte Rivoluzionario Internazionale) portando l’attenzione sulla dimensione internazionale raggiunta da parte della stessa.

Cospito non si sarebbe pentito
Altri elementi riscontrati fanno riferimento ad «azioni che mettono in pericolo la vita degli uomini e donne del potere, soprattutto se rivendicate con sigle costanti nel tempo o ancora inneggiando ad attentati come quello ai danni della Stazione dei Carabinieri di Roma-San Giovanni o dell’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare ing. Adinolfi e ribadendo l’affermazione di non essersi pentito dell’azione, personalmente commessa, che aveva portato al ferimento di quest’ultimo».