Quanta Strada, Alfonsina

Camilla Curcio
20/05/2021

Classe 1891, fu l'unica donna della storia a correre il Giro d'Italia con gli uomini. Dalla medaglia ricevuta dallo zar Nicola II al nome storpiato dalla Gazzetta alla vigilia della Corsa rosa: le mille avventure di un'icona in bicicletta.

Quanta Strada, Alfonsina

Combattere gli stereotipi di genere non è impresa facile. Nello sport ancora di più. Il ciclismo, ad esempio, forte di icone come Coppi e Bartali, si è aperto a fatica alla possibilità di far spiccare anche il talento femminile. Negli ultimi anni, tuttavia, i passi in avanti non sono stati pochi. Il più recente riguarda Giada Borgato, ex ciclista su strada e campionessa italiana nel 2012. È sua la voce del commento tecnico al Giro d’Italia che, per la prima volta nella storia della competizione, la Rai ha scelto di affidare a una donna.

Alfonsina Strada una donna al Giro

Il traguardo importante e meritato raggiunto da Borgato è, però, solo l’ultima tappa di una battaglia, che prima di lei in tante hanno combattuto in sella a una bicicletta. Apripista fu Alfonsina Strada, classe 1891, pioniera della lotta di genere nel mondo del ciclismo, unica donna a correre il Giro d’Italia insieme ai colleghi uomini. Alfonsa Rosa Maria Morini, seconda di dieci figli in una famiglia di braccianti emiliani, si innamora della bicicletta quando, a dieci anni, ne riceve una in dono dal padre. Pur vecchia e abbastanza malconcia, le è bastata per imparare a pedalare e scoprire la più grande passione della sua vita.

Ad Alfonsina Strada la medaglia dello zar

A 16 anni, così, arriva a Torino, gareggia in diverse competizioni e ottiene, addirittura, una medaglia dallo zar Nicola II in occasione della sua partecipazione al Grand Prix di San Pietroburgo. Qualche anno dopo, a Moncalieri, stabilisce il record mondiale di velocità femminile. Tuttavia, i risultati, i primati, le medaglie non sono accolti positivamente dalla famiglia che per lei non immagina un futuro da sportiva. La madre, più di tutti, la osteggia, decide di metterla davanti a un bivio. Continuare a correre, rimanere da sola a vita e sopportare le dicerie della gente o sposarsi e mettere su famiglia, mollando le gare. A soli 24 anni, Alfonsina decide di assecondare i genitori e sposa il meccanico Luigi Strada. Sarebbe diventato il suo primo sostenitore, regalandole per le nozze una bici da corsa.

Dal Giro di Lombardia alla Corsa rosa

Trasferitasi a Milano, Alfonsina inizia ad allenarsi seriamente per il Giro di Lombardia. Dove, tra gli iscritti, neanche a dirlo, è l’unica donna. Si tratta del preludio a qualcosa di molto più grande. Nel 1924, consapevole delle sue capacità, decide di fare un salto nel vuoto ancora più rischioso e, grazie al lasciapassare del direttore e dell’amministratore della Gazzetta dello Sport, si iscrive al Giro d’Italia. Occhio, però, nessuna particolare apertura, ma una scelta promozionale conseguenza del ritiro di diverse squadre prestigiose per la richiesta di un compenso in cambio della partecipazione.

Sarebbero mancati grandi campioni del calibro di Costante Girardengo e la corsa sarebbe passata inosservata. Così, Alfonsina viene accettata tra i corridori, ma con un nome storpiato, Alfonsin. Resta il dubbio si sia trattato di un errore o della scelta precisa di nascondere che si trattasse una donna. Soltanto alla partenza viene chiarito che Alfonsin è Alfonsina. Per quanto la Gazzetta provi a mantenere il basso profilo, la notizia si diffonde in fretta, generando approvazione, scherno e stupore. Durante quel giro, la ciclista dà una grande dimostrazione di bravura. Finché, nell’ottava tappa, arriva fuori tempo massimo e viene squalificata. I giudici le consentiranno di rimanere in corsa, non conteggiando, però, il tempo ai fini della classifica. Le frazioni restanti saranno le ultime al Giro e negli anni successivi non le sarà più permesso di partecipare.

Un palmares ricchissimo e il passaggio alle moto

Un divieto non può bastare, comunque, a fermarla: gareggia su pista e partecipa alle prime competizioni femminili, vincendo ben 36 gare e conquistandosi il rispetto di molti colleghi. Abbandonato l’agonismo e rimasta vedova, si risposa con il collega Carlo Messori e, insieme, aprono un negozio di biciclette. Perso anche il secondo marito, nel 1957, Alfonsina allarga gli orizzonti e passa dalla bici a una fiammante moto Guzzi. Muore d’infarto nel 1959, di ritorno dalla gara delle Tre Varesine: stava tendando di far partire la motocicletta.

Icona della cultura pop

Il personaggio di Alfonsina Strada ha trovato largo spazio nella cultura di massa. Nel 1950, ispirandosi alle sue imprese, Giovanni D’Avanzi e Marcello Marchesi hanno composto la canzone Bellezze in bicicletta, interpretata da Silvana Pampanini nell’omonimo film e, poi, da Mina e dal Trio Lescano. Paolo Facchinetti, nel 2004, ha dedicato alla sua storia il libro Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada Il romanzo dell’unica donna che ha corso il Giro d’Italia assieme agli uomini. Il gruppo Têtes de Bois, nel 2010, l’ha omaggiata con la canzone di maggior successo del concept album Goodbike, interamente dedicato al ciclismo. La storia del Diavolo in gonnella, come la chiamavano in paese, è finita anche a teatro, con lo spettacolo teatrale Finisce per A, rappresentato in varie città italiane e a Londra, in occasione delle Olimpiadi del 2012.