Ayman al-Zawahiri è morto. A confermarlo questa volta è stato il presidente Usa Joe Biden in persona. Il successore di Osama bin Laden alla guida di Al Qaeda, uno dei 22 terroristi più ricercati dagli Stati Uniti con una taglia da 25 milioni di dollari sulla testa, è stato ucciso a Kabul nella notte tra sabato 30 e domenica 31 luglio da un drone durante un’operazione antiterrorismo dell’intelligence Usa. Al Zawahiri si era trasferito con la famiglia nella Capitale afghana dopo il ritiro delle truppe Usa. La sua uccisione potrebbe destabilizzare l’organizzazione terroristica più della scomparsa di bin Laden. Non è infatti chiaro chi potrebbe succedergli.
Il reclutamento come medico dei mujaheddin afghani
Giovane medico in una clinica del Cairo, la vita di al-Zawahiri cambiò radicalmente quando gli venne proposto di curare i mujaheddin che combattevano le truppe sovietiche in Afghanistan. Erano gli Anni 80 e da quel momento al-Zawahiri intraprese un percorso che lo avrebbe portato ai vertici di al Qaeda fino a prendere il posto dello Sceicco del terrore dopo la sua uccisione ad Abbottabad il 2 maggio 2011. Mentre il primo, nato in un’importante famiglia saudita, è stato il leader carismatico e grande finanziatore di al Qaeda, il secondo ha abbracciato lo jihadismo fin dall’adolescenza e ha portato all’organizzazione le capacità tattiche per formare terroristi e cellule in tutto il mondo.
La morte di bin Laden e la proclamazione di Zawahiri a leader supremo di al Qaeda
Dopo l’invasione americana dell’Afghanistan nel 2001, al Zawahiri ha ricostruito la sua leadership nell’area di confine con il Pakistan diventando il volto pubblico della rete terroristica. Mentre Bin Laden si nascondeva, lui diffondeva costantemente video messaggi. Con la sua folta barba, gli occhiali dalla grossa montatura e il livido sulla fronte causato dalla prostrazione in preghiera, ha sempre colpito duro, al contrario di Bin Laden dall’aspetto ieratico e considerato più una guida spirituale. Quando il numero uno è stato ucciso in Pakistan, al-Qaeda ha proclamato al-Zawahiri leader supremo. La jihad contro l’America «non si ferma con la morte di un comandante o di un leader», aveva detto il medico tre mesi dopo la morte dello sceicco. Le rivolte della Primavera Araba del 2011 hanno minacciato la rete, dimostrando che la jihad non era l’unico modo per sbarazzarsi degli autocrati arabi. Ma al-Zawahiri ha cercato di cooptare i rivoltosi esortando intransigenti islamici a prendere il sopravvento nelle nazioni in cui i leader erano caduti.

La formazione, l’arresto e le torture
Nato il 19 giugno 1951 in una famiglia di medici e studiosi della classe medio-alta al Cairo – suo padre era un professore di farmacologia e suo nonno, Rabia al-Zawahiri, grande imam dell’Università Al-Azhar – fin da piccolo, al-Zawahiri si avvicinò agli scritti radicali del politico egiziano Sayyid Qutb contro i regimi arabi “infedeli”. Probabilmente dopo la guerra dei sei giorni nel 1967 si unì ai Fratelli Musulmani. Contribuì a fondare il gruppo militante della Jihad islamica egiziana, una cui cellula nel 1981 assassinò il presidente Anwar Sadat. Anche se la sua responsabilità nell’attentato non fu mai dimostrata, venne arrestato insieme a centinaia di altri militanti e scontò tre anni di carcere, durante i quali, secondo quanto riferito, fu torturato duramente. Una esperienza che secondo alcuni lo rese ancora più radicale.
Il ritorno in Afghanistan dopo la presa di potere dei talebani
Rilasciato nel 1984, al-Zawahiri tornò in Afghanistan e poi seguì Bin Laden nella sua nuova base in Sudan da dove guidò il gruppo della Jihad islamica in una violenta campagna di attentati volti a rovesciare il governo egiziano alleato degli Stati Uniti, tra cui il tentato omicidio di Hosni Mubarak nel 1995. È accusato di aver organizzato anche gli attentati del 1998 alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania in cui morirono più di 200 persone, per i quali al-Zawahiri venne incriminato negli Stati Uniti. Nel 1996, il Sudan espulse Bin Laden che riportò i suoi combattenti nell’Afghanistan talebano. Ancora una volta, al-Zawahiri lo seguì. Due anni dopo i vertici di al Qaeda sottoscrissero la “Dichiarazione della Jihad contro ebrei e crociati”. Gli Usa diventarono ufficialmente il nemico numero 1 dell’Islam e «uccidere gli americani e i loro alleati» diventava il dovere di ogni buon musulmano. Quando gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan, al-Zawahiri e Bin Laden fuggirono in Pakistan. In un attacco aereo su Kandahar invece morirono la moglie e almeno due dei sei figli del medico. Dato per morto già nel 2020, dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan lo scorso anno, si trasferì nell’ex quartiere diplomatico di Kabul.