Pane e talebani

Redazione
17/09/2021

Se Kabul è sprofondata nel buio, nelle province rurali dell'Afghanistan il ritorno degli studenti coranici ha portato una relativa pace. Come nel villaggio di Baraki Barak, per 20 anni teatro di scontri tra miliziani, esercito e truppe Usa.

Pane e talebani

La caduta dell’Afghanistan in mano ai talebani ha significato, per milioni di persone, la perdita delle libertà conquistate a fatica in 20 anni. Dopo le donne, le più colpite dalla rigida applicazione della sharia imposta dai miliziani, a soffrire per il rovesciamento istituzionale sono stati i collaboratori delle truppe occidentali: chi ha potuto è riuscito a fuggire verso i Paesi durante l’evacuazione, altri invece sono rimasti in Afghanistan e rischiano la vita ogni giorno, a Kabul e nelle altre grandi città.

La vita nei distretti rurali dell’Afghanistan sotto i talebani

Non è così nei distretti rurali come Baraki Barak e nelle province meridionali e orientali a maggioranza pashtun, dove le regole talebane non sono troppo diverse dalle quelle tradizionali. Per gli abitanti di questi villaggi il crollo della repubblica afghana e il ritiro degli Stati Uniti significano, soprattutto, non sentire spari per la prima volta in due decenni. A sottolinearlo è il Wall Street Journal con un articolo di Yaroslav Trofimov, il reporter con cittadinanza italiana il cui video sull’evacuazione da Kabul – aiutato dell’esercito tricolore – ha fatto il giro del mondo.

«Qui c’era la guerra giorno e notte, tutti i giorni. Non è mai finita. La terra non era nostra, i campi non erano nostri, la casa non era nostra, non avevamo nemmeno l’onore», ha detto al giornale americano un anziano del villaggio, nei pressi di un santuario distrutto dall’esercito regolare afghano il 10 agosto, pochi giorni prima della presa di Kabul. «Ora c’è pace. E se non si sente il pericolo, non si teme la guerra e si può camminare con tranquillità, si è felici anche se affamati», ha detto. Sedici membri della sua famiglia, sei nipoti e 10 cugini, sono stati uccisi durante la guerra.

Il paradosso di avere la libertà senza democrazia

Mentre Kabul è stata colpita da attentati suicidi e attacchi dei ribelli, negli ultimi 20 anni la vita nella capitale afghana era rimasta relativamente normale: strade trafficate, ristoranti aperti fino a tarda notte e mercati vivaci. Distretti come Baraki Barak, al contrario, sono stati teatro di continui scontri tra talebani, forze governative e truppe americane. Situato in posizione strategica a sud di Kabul, Baraki Barak ospitava una delle più grandi basi statunitensi in Afghanistan, la Forward Operating Base Shank, frequente bersaglio di attacchi missilistici. «In passato non potevamo uscire dopo le 17 o le 18, avevamo paura. Non sapevamo chi fossero i nostri nemici e chi i nostri amici», ha un abitante del villaggio al Wsj. «Ora abbiamo la libertà. La democrazia è finita». Mawlawi Rahmatullah Usmani, comandante militare dei talebani nel distretto, non ha perso l’occasione per fare un po’ di propaganda: «Adesso l’attenzione dei taliban sarà rivolta al miglioramento delle scuole, alla fornitura di una migliore assistenza sanitaria e alla ricostruzione delle infrastrutture».

All’inizio di quest’anno, la scuola principale di Baraki Barak è stata teatro di conflitti a fuoco tra i talebani e le forze governative. Il suo tetto, colpito da un razzo, è ancora danneggiato, così come le pareti. Ad aprile, due studenti di 12 e 13 anni sono stati uccisi e otto sono rimasti feriti a causa di scontri durante le lezioni, ha raccontato il preside della scuola maschile Abdullah Jan Abed. «Questo era un campo di battaglia, non potevamo restare qui nemmeno per un secondo», ha aggiunto. Cinque giorni dopo la caduta di Kabul, le lezioni sono riprese e la scuola del signor Abed ora ha centinaia di ragazzi. Il percorso di studi è rimasto lo stesso di prima, l’unico cambiamento finora è rappresentato da una piccola bandiera bianca dei talebani accanto a un mappamondo sulla sua scrivania.