Afghanistan, un anno fa i talebani prendevano Kabul: la situazione nel Paese

Matteo Innocenti
15/08/2022

Esattamente un anno fa i talebani prendevano Kabul: la difficile situazione dell'Afghanistan, dove le donne hanno perso tutti i diritti, i bambini muoiono per malnutrizione e in pochi arrivano alla terza età.

Afghanistan, un anno fa i talebani prendevano Kabul: la situazione nel Paese

È passato esattamente un anno dalla presa di Kabul da parte dei talebani. Insieme alle ultime truppe occidentali, 365 giorni fa se ne andarono dall’Afghanistan anche i pochi diritti conquistati dalle donne. «In una sola notte sono stati cancellati 20 anni delle nostre battaglie per la libertà, per il diritto allo studio, al lavoro, per il diritto alla vita», ha detto all’Agi Batool Haidari, attivista rifugiata in Italia. Certo, nel Paese tornato in mano agli studenti coranici la situazione non è rosea praticamente per nessuno, ma sono in primis le donne (di ogni età) a essere le vittime di quanto accaduto. Soggiogate dal regime fondamentalista, a più riprese hanno provato da allora a farsi sentire, ottenendo risposte brutali. E, concretamente, nessuna concessione.

Afghanistan, un anno fa la presa di Kabul: la difficile situazione del Paese, retto dai talebani dal 15 agosto 2021.
I talebani controllano interamente l’Afghanistan dal 15 agosto 2021 (WAKIL KOHSAR/AFP via Getty Images)

Donne afghane, persi i diritti conquistati in 20 anni

«Lavoro, cibo, libertà!». Era uno degli slogan intonati dalle dimostranti che il 13 agosto si sono riunite a Kabul per manifestare contro i talebani. Al centro delle rivendicazioni soprattutto il diritto negato allo studio. Erano poche, circa una quarantina, davanti al davanti al ministero dell’Educazione. Cinque minuti dopo il loro arrivo, i talebani sono intervenuti e le hanno disperse sparando raffiche in aria. Era già successo a fine 2021, dopo il varo della legge che impedisce alle donne afghane di allontanarsi più 75 chilometri dalla propria casa, senza essere accompagnata da un parente stretto di sesso maschile. Anche in quell’occasione i talebani avevano aperto il fuoco per disperdere le manifestanti.

Afghanistan, un anno fa la presa di Kabul: la difficile situazione del Paese, retto dai talebani dal 15 agosto 2021.
Manifestanti in fuga dopo gli spari della polizia (WAKIL KOHSAR/AFP via Getty Images)

Con il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, le donne si sono viste precludere lo spazio che, a fatica, erano riuscite a ritagliarsi nella società. Al momento sono estromesse dalle cariche pubbliche, devono anche indossare obbligatoriamente il burqa, non possono praticare sport né ascoltare musica. In tantissime hanno perso il lavoro e in molte hanno dovuto rinunciare a studiare. Per quanto riguarda il velo, a maggio il leader supremo Hibatullah Akhundzada ha firmato un decreto che impone alle donne di indossare il burqa in tutti i luoghi pubblici. L’imposizione, comunicata dal governo talebano davanti alla stampa a Kabul, è motivata dal fatto che l’abito «è tradizionale e rispettoso». Inoltre, specificava il decreto, «le donne che non sono né troppo giovani né troppo anziane dovrebbero velarsi il viso di fronte a un uomo che non è un membro della loro famiglia». Non solo: per evitare provocazioni, se le donne non hanno compiti importanti da svolgere all’esterno dell’abitazione, «è meglio che rimangano a casa».

Afghanistan, un anno fa la presa di Kabul: la difficile situazione del Paese, retto dai talebani dal 15 agosto 2021.
Le donne afghane, in pubblico, devono indossare il burqa (Nava Jamshid/Getty Images)

La breve sfida al regime da parte delle giornaliste

La tv è considerato un luogo pubblico. Per cui, anche le giornaliste dei canali televisivi afghani devono andare in onda con il velo integrale. Inizialmente si sono opposte, conducendo i telegiornali senza il velo: ma la sfida al regime talebano è durata lo spazio di un giorno e quello successivo sono apparse in tv indossando il burqa. Ma tanti cronisti hanno fatto le spese del ritorno dei fondamentalisti al potere: secondo un report di Reporters Without Borders, nei primi 100 giorni di governo talebano, più del 70 per cento dei giornalisti aveva perso il lavoro, almeno 250 redazioni avevano chiuso i battenti e solo un centinaio di corrispondenti donne su 700 stava continuando a lavorare nei giornali. E in tanti, da allora, sono costretti a nascondersi per paura di ritorsioni. E questo non riguarda solo i cronisti: nonostante le rassicurazioni da parte dei talebani, tutti coloro che avevano collaborato con il precedente governo e che sono rimasti bloccati nel Paese rischiano molto.

Ciò di cui sono capaci i talebani è d’altra parte ben noto: basti pensare a quanto successo all’attivista Frozan Safi e alla pallavolista Mahjubin Hakimi. Il corpo della prima, paladina dei diritti delle donne scomparsa misteriosamente il 20 ottobre, a inizio novembre è stato trovato crivellato di proiettili in una casa di Mazar-i-Sharif, insieme a quello di altre tre donne. La seconda, 18enne pallavolista della nazionale afghana, è stata decapitata dai talebani un mese prima: era di etnia Hazara e giocava a volley senza hijab.

Afghanistan, un anno fa la presa di Kabul: la difficile situazione del Paese, retto dai talebani dal 15 agosto 2021.
In Afghanistan le donne hanno perso i pochi diritti conquistati in 20 anni (Nava Jamshid/Getty Images)

Per quanto riguarda l’accesso (negato) all’istruzione, a fine marzo c’è stato un improvviso mutamento di strategia nella linea politica in Afghanistan: contrariamente a quanto promesso, alle adolescenti non è stato infatti concesso di tornare sui banchi. I talebani hanno infatti vietato l’istruzione secondaria alle ragazze. Chi desidera non rinunciare a quello che prima era un diritto adesso segue lezioni organizzate da scuole segrete. Rischiando la vita.

Afghanistan, bambini e organi in vendita

«Non come ministro, ma seguendo i comandamenti del Corano e sotto la legge della sharia le donne potrebbero, ad esempio, lavorare nei ministeri, nel corpo della polizia o, ad esempio, nella magistratura come assistenti», aveva dichiarato lo scorso settembre Zabiullah Mujahid, portavoce dei talebani. «Vedo le donne protagoniste della società afghana. Abbiamo tantissime donne che lavorano negli ospedali, sono delle bravissime e valide infermiere». E in effetti è proprio nelle corsie degli ospedali che le afghane trovano principalmente impiego: ma in quelli femminili, dove si occupano delle donne e dei neonati che vengono abbandonati. A proposito di bambini, l’Unicef ha lanciato l’allarme: in Afghanistan è in forte aumento la vendita di bambini, che riguarda tanto i maschi quanto le femmine, troppo spesso date in sposa. Questo barbaro fenomeno è dettato anche dal fatto che il Paese riconquistato dai talebani sta attraversando una gravissima crisi economica. Visto il debito pubblico, gli studenti di Dio hanno deciso di tagliare alcuni organismi chiave del precedente esecutivo, tra cui la commissione per i diritti umani e l’alto consiglio per la riconciliazione nazionale. Tutto questo mentre sempre più persone arrivano a vendere gli organi per far sopravvivere i figli.

Afghanistan, un anno fa la presa di Kabul: la difficile situazione del Paese, retto dai talebani dal 15 agosto 2021.
Oltre la metà degli afghani vive al di sotto della soglia di povertà (DANIEL LEAL/AFP via Getty Images)

Inflazione alle stelle, disoccupazione, povertà: tanti, troppi problemi

Nei sei mesi successivi alla presa di Kabul, l’economia afghana si era ridotta del 40 per cento. Oggi l’inflazione è molto alta, con prezzi di beni primari come grano, riso e carburante aumentati di oltre il 50 per cento, tutto questo mentre la disoccupazione risulta altissima nei centri urbani. Ma c’è da dire che non è tutta colpa del regime che si è instaurato nell’estate del 2021. La situazione era già estremamente complicata. Sui 40 milioni di abitanti dell’Afghanistan, all’inizio del 2021 erano 18,4 quelli che avevano bisogno di assistenza umanitaria, tra cui oltre 7 milioni di minori. Oltre la metà degli abitanti vive al di sotto della soglia di povertà. In Afghanistan, che ha uno dei tassi di malnutrizione più alti al mondo, il 41 per cento dei bambini è malnutrito e il 9,5 per cento si trova in condizioni estreme di malnutrizione acuta severa, la forma più grave: molti di essi, fortemente debilitati, muoiono ancora a causa del morbillo (complice la scarsa copertura vaccinale).

L’Afghanistan non è (nemmeno) un Paese per vecchi

Le difficoltà non hanno età, però: già nel 2019, dunque pre-pandemia, un rapporto delle Nazioni Unite aveva indicato come l’Afghanistan fosse come uno dei Paesi peggiori al mondo nel quale invecchiare. Gli over 65 erano appena il 2,6 per cento: colpa di un’assistenza sanitaria praticamente inesistente, cosa che vincola lo stato di salute e le condizioni di vita dei senior alle possibilità dei familiari più giovani di far fronte ai loro bisogni. In Afghanistan nel 2022 mancano cibo, istruzione, diritti, speranze. E a farne le spese sono come sempre i più fragili, dai bambini agli anziani fino, almeno a queste latitudini, le donne.