Non c’è ancora un numero attendibile delle persone che erano a bordo del caicco partito quattro giorni fa dalla Turchia e naufragato all’alba di domenica 26 febbraio a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Cutro. Secondo alcuni superstiti sull’imbarcazione stavano viaggiando circa 180 migranti. Per altri molti di più, almeno 250. Di sicuro c’è che sono state portate in salvo un’ottantina di persone. E che, come accade sempre in queste occasioni, è scattata la retorica delle navi delle Ong come “attrattiva” per scafisti e migranti e degli accordi con i Paesi di provenienza. I migranti morti e salvati in Calabria arrivavano perlopiù da Iran, Afghanistan, Pakistan e Siria.
“Vocazione alle partenze”.
Senza parole. pic.twitter.com/ossl2f8wDb
— Adil (@unoscribacchino) February 26, 2023
Ognuno, potendo, rimarrebbe a casa sua: ma se la casa è un inferno? Ecco perché i migranti stavano tentando di arrivare in Italia alla ricerca di una vita migliore. E i motivi per cui «aiutarli a casa loro» o «impedire le partenze», come vorrebbe fare il governo Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è pura utopia.

Afghanistan, la vita nel Paese in mano ai talebani
Da agosto del 2021 l’Afghanistan è tornato in mano ai talebani. Da allora la vita degli afghani è balzata indietro di decenni. Le donne hanno perso tutti i diritti (come quello allo studio) conquistati in 20 anni, vedendosi precludere lo spazio che, a fatica, erano riuscite a ritagliarsi nella società: adesso devono indossare il burqa in tutti i luoghi pubblici. Nei sei mesi successivi alla presa di Kabul, l’economia afghana si era ridotta del 40 per cento. Oggi l’inflazione è molto alta, con prezzi di beni primari come grano, riso e carburante aumentati di oltre il 50 per cento, tutto questo mentre la disoccupazione risulta altissima nei centri urbani. Sempre più persone arrivano a vendere gli organi per far sopravvivere i figli, mentre è in forte aumento la vendita di bambini, che riguarda tanto i maschi quanto le femmine, troppo spesso date in sposa. L’Afghanistan ha uno dei tassi di malnutrizione più alti al mondo: il 41 per cento dei bambini è malnutrito e il 9,5 per cento si trova in condizioni estreme di malnutrizione acuta severa, la forma più grave. Molti di essi, fortemente debilitati, muoiono ancora a causa del morbillo. Tutto questo mentre i talebani hanno imposto il divieto alla vendita di contraccettivi.

Pakistan: i danni provocati dalle inondazioni
Povertà, analfabetismo, corruzione, sovrappopolazione, terrorismo. Sono diversi i problemi che il Pakistan continua a avere, a cui nel corso del 2022 si sono aggiunte le alluvioni causate dai monsoni, che hanno sommerso interi villaggi. Campi agricoli, raccolti e scorte alimentari sono stati distrutti dalle inondazioni. Il deterioramento delle condizioni di vita e la mancanza di igiene stanno inoltre portando al diffondersi di malattie già endemiche, come malaria o febbre dengue, trasmesse dalle punture di zanzara. Gran parte dei cinque milioni di pakistani che ha perso la casa, vive ora in campi di fortuna e il governo non ha fondi per aiutarli. Secondo i dati raccolti da Medici Senza Frontiere, il 23 per cento dei bambini è risultato affetto da malnutrizione acuta. Certo non servivano le alluvioni per far sì che le condizioni di vita in Pakistan fossero perlopiù misere. Il Paese è quinto al mondo per numero di abitanti e potrebbe diventare terzo (dopo India e Cina) entro il 2050: circa la metà della popolazione ha meno di vent’anni e nelle aree rurali (dove vive ancora il 65 per cento dei pakistani), dove abbonda la manodopera, non c’è lavoro. Nelle megalopoli Karachi e Lahore, in cui tanti arrivano in cerca di fortuna, le bidonville sono in continua espansione.

Guerra civile e terremoto: il dramma della Siria
La guerra civile siriana ha avuto inizio nel 2011, vedendo contrapposti le forze governative a supporto di Bashar al-Assad e una coalizione eterogenea di milizie armate ribelli. Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di morti, sfollamenti di massa (tre milioni di rifugiati in Turchia, uno in Libano) e distruzione di infrastrutture civili. Ridotti rispetto al passato, i bombardamenti non sono mai cessati. A ciò occorre aggiungere le violenze e gli arresti arbitrari da parte delle forze governative: come documentato da Amnesty International, in Siria la tortura è ampiamente praticata nel regime di Assad e, spesso, chi entra in cella non ne esce vivo. Gli ultimi 12 anni hanno devastato la vita di milioni di persone, spingendo tantissimi a scappare, mentre la crisi economica taglia ogni speranza di miglioramento. In molte zone, i bisogni umanitari sono ancora elevatissimi. La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione del Paese, dove – sempre a proposito di situazione sanitaria – il 42 per cento della popolazione fa affidamento su fonti d’acqua non sicure. A tutto questo si è aggiunto il terremoto che ha devastato la parte settentrionale della Siria, facendo quasi 6 mila vittime. Centinaia di migliaia di persone nell’area, molte delle quali erano già state sfollate a causa della guerra civile, sono rimaste senza casa.

Iran, proteste popolari e repressione del regime
Per commemorare la rivoluzione islamica del 1979, l’ayatollah Ali Khamenei ha recentemente annunciato l’indulto per decine di migliaia di detenuti. Molti di essi – oltre 20 mila secondo Human Rights Activists News Agency – sono finiti in carcere a seguito delle proteste che, scattate dopo l’uccisione di Masha Amini, da mesi stanno scuotendo l’Iran. E si tratta dei più fortunati: se migliaia di persone sono state interrogate, perseguite, detenute e torturate, centinaia sono morte negli scontri con la polizia. Altri oppositori del regime sono stati giustiziati tramite impiccagione, al termine di processi iniqui: la pena di morte viene ampiamente utilizzata in Iran come arma di repressione politica. Oggi buona parte degli iraniani è unita sotto il motto “Donna, Vita, Libertà”, ma comprensibilmente c’è chi parte alla ricerca di una vita migliore.