Una crisi che sorprende il ministro, il sindaco o il premier di turno mentre si trovano in ferie. Che sia un conflitto internazionale o una tragedia come il crollo del ponte Morandi, la storia è piena di politici distratti da viaggi e vacanze e renitenti al rientro in ufficio. È accaduto di recente a Luigi Di Maio, numero uno della Farnesina, impegnato a parlare in riva al mare con il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e l’ex ministro Francesco Boccia, mentre i talebani si riprendevano l’Afghanistan. C’è voluto qualche giorno, e un bel po’ di polemiche, per convincere il ministro degli Esteri a lasciare il bagnasciuga di Porto Cesareo per tornare in giacca e cravatta in ufficio. Il cerchio si è chiuso martedì con l’informativa urgente sull’Afghanistan dei ministri di Di Maio e del collega della Difesa Lorenzo Guerini. Proprio nelle stesse ore in cui i talebani hanno annunciato di aver piegato anche il Panshir, l’ultimo bastione della resistenza. Il 24 agosto c’era stata giusto la convocazione delle commissioni Difesa ed Esteri.

Frattini e la crisi in Georgia seguita in remoto dalle Maldive
Eppure Di Maio è in buona compagnia, c’è chi prima di lui ha fatto lo stesso. La memoria corre a un altro ministro degli Esteri, Franco Frattini, che preferì restare alle Maldive invece di seguire la prima guerra europea del nuovo secolo. Era il 2008 e i ribelli dell’Ossezia del Sud, con la benedizione della Russia, attaccarono alcune località della Georgia. Tbilisi rispose con un’azione militare, provocando l’escalation che portò all’intervento di Mosca. Il Cremlino inviò i propri uomini con la motivazione di una “missione di pace”. In questo clima di tensione internazionale, Frattini restò alle Maldive, seguendo la crisi da remoto. Inviò però il suo vice Vincenzo Scotti al Consiglio europeo convocato in fretta sulla questione. «Le moderne tecnologie permettono di restare in contatto da qualsiasi parte del mondo. E io ho contribuito in modo decisivo a formare la strategia che ha portato alla mediazione tra le parti», si difese il ministro. «Le ferie sono un diritto per tutti», attaccò la deputata dipietrista Silvana Mura, «ma una guerra che in cinque giorni ha fatto 2.000 morti, la crisi diplomatica che si profila nei rapporti tra Russia e Usa e il ruolo fondamentale che l’Europa è chiamata a svolgere nella soluzione di questa crisi dovrebbero rappresentare motivi abbastanza validi per interromperle, soprattutto da parte di chi si trova a ricoprire il ruolo di ministro degli Esteri».

Il Ponte Morandi e lo scivolone ferragostano di Casalino
Ma non di sole crisi internazionali sono caratterizzate le estati di ministri, leader e collaboratori di primo piano. Ci sono anche terribili tragedie come il crollo del ponte Morandi a Genova. Rocco Casalino, allora portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si lamentò con i giornalisti: «Non mi stressate, mi è saltato il Ferragosto». Di fronte a 43 vittime e alla vigilia dei funerali di Stato del 18 agosto 2018, usò queste parole di rammarico per la ferie non fatte. Certo, poi si scusò: «Sento di dover chiedere scusa per l’effetto prodotto da un mio audio privato finito sui giornali. Nelle mie parole non c’è mai stata la volontà di offendere le vittime di Genova». Anche in quel caso, comunque, l’audizione in Parlamento sul crollo fu calendarizzata, con calma, il 27 agosto. A quasi due settimane dalla tragedia.
Berlusconi in Sardegna per dimenticare lo spread
E che le ferie siano sacre lo sa bene pure Silvio Berlusconi. Nel 2011, nel pieno della bufera-spread, l’allora presidente del Consiglio lasciò la postazione di lavoro di Roma per trascorrere vari giorni in Sardegna. Addirittura il 16 agosto fece una passeggiata a Porto Rotondo, alla ricerca di un bagno di folla come termometro del consenso popolare. Un po’ di photo opportunity per esorcizzare la crisi di credibilità della finanza mondiale. Insomma, meglio il relax sull’Isola che le logoranti ore nella Capitale a cercare di risolvere i problemi economici del Paese.

L’estate del Papeete di Salvini
Di assenze pesanti, in piena estate, ne sa qualcosa anche Ignazio Marino. Da sindaco di Roma si trovava negli Stati Uniti mentre i Casamonica inscenavano un funerale hollywoodiano per la morte del boss Vittorio. Piazza Don Bosco, nel quartiere Tuscolano, divenne teatro di una delle più grandi figuracce internazionali della Capitale. L’allora primo cittadino era negli States, dove ha sempre lavorato. Marino, dopo qualche settimana si giustificò: «Mi trovavo negli Usa per motivi al di fuori della mia volontà perché negli ultimi mesi ho ricevuto diverse minacce di morte con lettere scritte a me, a mia moglie e a mia figlia e diverse volte buste con pallottole». Ma tra tragedie nazionali e crisi internazionali, la politica italiana è riuscita a regalarsi estati da follia, proprio per non farsi mancare niente. Nella memoria è rimasta scolpita l’estate del 2019, che pose fine all’esperienza del governo gialloverde. Furono giorni di trattative febbrili, di improvvisi capovolgimenti di scenario e di grande incertezza. Per tutti però è “l’estate del Papeete”, in cui Matteo Salvini, fresco dello scandalo Metropol, costrinse i colleghi a trascorrere il mese di agosto nei Palazzi, tra Parlamento e Quirinale, per risolvere la crisi di governo che aveva innescato a sorsi di mojito.