A meno di un mese dalla riconquista dell’Afghanistan, e grazie alla mediazione fondamentale dei servizi segreti pakistani, i talebani hanno finalmente formato e annunciato il loro governo. C’è però un problema: il leader supremo e il vice-primo ministro non si vedono in pubblico da tempo e, secondo alcune voci, sarebbero addirittura morti. Si tratta del mullah Haibatullah Akhundzada, mai apparso in tv o sui social dall’entrata dei miliziani a Kabul, e di Abdul Ghani Baradar, forse il volto più noto del gruppo e figura centrale nelle trattative che portarono alla firma degli accordi di Doha.
Le divisioni tra i talebani erano note da tempo: gruppi più radicali e altri più “moderati”, vecchia guardia già attiva dai tempi dell’invasione dell’Urss e nuove leve formatesi in clandestinità, taliban di città e quelli delle aree rurali. E che nelle milizie non ci fosse particolare unità lo si capiva dal tempo impiegato per annunciare il nuovo esecutivo, nonostante i nomi dei candidati ai vertici fossero abbondantemente conosciuti. Non sorprende, quindi, che per sostenere la tesi della loro morte si utilizzino argomenti come “resa dei conti”, o “violenti litigi” per decidere a chi affidare i ministeri più importanti del governo. A Kabul girava voce che Baradar fosse stato ucciso da un altro talebano proprio al termine di una discussione sulla divisione dei poteri.
I talebani smentiscono la notizia della morte di Baradar
I tentativi di smentire le notizie hanno in realtà infittito il mistero. Uno dei portavoce ha affermato che Akhundzada è vivo, senza però fornire ulteriori dettagli. Ancora più goffi i tentativi di mettere a tacere le voci sulla scomparsa di Baradar: i talebani hanno prima pubblicato la foto di una nota scritta a mano da un suo vice, in cui affermava di trovarsi insieme al leader a Kandahar. Poi hanno diffuso una nota audio, presumibilmente di Baradar, in cui il mullah affermava di essere in buona salute. Una scelta abbastanza strana: i mujaheddin di qualsiasi gruppo usano video da anni (ricordate le minacce di Bin Laden registrate in Vhs?), e i talebani degli Anni 20 hanno imparato a usare i social network con destrezza. Perché, dunque, non pubblicare direttamente un video di Baradar invece di provare a spegnere il fuoco con la benzina?
Il portavoce Suhail Shaheen, anch’egli tra i volti più noti, ha smentito queste voci su Twitter, con un messaggio in inglese: «Il mullah Baradar, vice primo ministro dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, in un messaggio vocale ha respinto tutte le affermazioni secondo cui è stato ferito o ucciso in uno scontro. Dice che sono bugie e totalmente prive di fondamento». Ma la spiegazione non convince: «Sarebbe meglio fare una videointervista. La situazione ambigua del Paese è decisamente preoccupante. Baradar dovrebbe essere sempre con i media. L’intero Paese è preoccupato in questo momento», si legge in un commento al tweet di Shaheen. Segno che anche i sostenitori dell’Emirato non sono particolarmente tranquilli.
Mullah Bradar Akhund, Deputy PM, Islamic Emirate of Afghanistan in a voice message rejected all those claims that he was injured or killed in a clash. He says it is lies and totally baseless.
— Suhail Shaheen. محمد سهیل شاهین (@suhailshaheen1) September 13, 2021
I talebani potrebbero coprire la morte di Akhundzada e Baradar, come successo per il mullah Omar
Anche perché niente permette di confermare la versione dei talebani, non nuovi a “coperture” del genere: la morte del mullah Omar, leader e fondatore del gruppo avvenuta nel 2013, fu nascosta per due anni e, in quel periodo, i miliziani continuarono a rilasciare dichiarazioni a suo nome. Secondo l’Afghanistan Analysts Network (Aan), Baradar ha già perso nelle dispute interne dei talebani sulla formazione del nuovo governo: dei tre vice del leader supremo, era l’unico a non essersi assicurato un ministero importante. Il capo militare Yaqoob Omar, figlio del fondatore, ha avuto il ministero della Difesa, mentre a Sirajuddin Haqqani è stato affidato il ministero degli Interni.
L’Afghanistan Analysts Network ha anche sottolineato come l’assenza di Akhundzada da tutti gli eventi pubblici e privati a un mese dalla caduta di Kabul suggerisca che non sia più vivo. Ci sarebbe però un’analogia proprio con il mullah Omar, quasi mai presente in pubblico nei cinque anni in cui ha governato il Paese tra il 1996 e il 2001: il leader si limitava a incontrare funzionari stranieri e a rilasciare dichiarazioni e interviste in radio. «Sarebbe strano se Haibatullah, ora che il movimento è al potere, fosse vivo e ancora così isolato. Per il momento sembra valere come una figura simbolica, che può unire senza realmente apparire o parlare», si legge in un documento dell’Aan riportato dal Guardian.
L’Onu si interroga su come aiutare i civili afghani
Intanto, la comunità internazionale sembra non voler abbandonare l’Afghanistan (dopo averlo materialmente fatto con il rapido e confusionario ritiro delle truppe dal Paese). «È tempo che il mondo stia al fianco degli afghani», ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, nell’aprire la conferenza internazionale sulla situazione umanitaria nel Paese. «È una delle peggiori crisi globali del pianeta», ha continuato Guterres, sottolineando come la catastrofe vada avanti da prima che i talebani riprendessero il potere. «Il popolo afghano sta affrontando una calamità umanitaria», ha scritto su Twitter. «Questo è il momento per la comunità internazionale di lanciare un’ancora di salvezza e fare tutto il possibile – e tutto ciò che dobbiamo – per aiutare gli afghani a mantenere la speranza».
The people of Afghanistan are facing a humanitarian calamity.
This is the time for the international community to extend a lifeline and do everything we can – and everything we owe – to help them hold on to hope. https://t.co/ZX1koiribx
— António Guterres (@antonioguterres) September 13, 2021
L’obiettivo della conferenza è quello di raccogliere 600 milioni di dollari dalla comunità internazionale per aiutare i civili afghani. «Non posso dare cifre esatte, ma prendendo in considerazione questo appello, l’appoggio ai Paesi confinanti e ad altri programmi, abbiamo sentito promesse per circa un miliardo di dollari», ha aggiunto Guterres. Per poter dare seguito alle parole, e permettere l’ingresso nel Paese di aiuti umanitari, è necessario parlare con i talebani, come ha ricordato lo stesso Segretario Generale. L’Onu ha chiesto – e ottenuto in forma scritta – rassicurazioni da parte del governo taliban per il passaggio sicuro e la libertà di movimento per gli operatori delle Nazioni Unite. I dubbi però rimangono: si può confidare nella buona fede di un gruppo che ha promesso un governo inclusivo smentendosi dopo pochi giorni? E ci si può fidare di una milizia che, con tutta probabilità, mente sulla morte di due dei suoi leader più importanti? Le rassicurazioni arrivate al Palazzo di vetro erano firmate a nome del “vice-premier” afghano: chi? Quello che probabilmente è stato ucciso?