Da quando, lunedì 3 maggio, Politico ha pubblicato la bozza della decisione della Corte Suprema Americana relativa all’intenzione di rigettare la sentenza Roe versus Wade, che dal 1973 regola l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza su scala federale, il dibattito sull’aborto negli Stati Uniti è ritornato al centro della scena. E mentre i conservatori attendono il prossimo giugno, data entro la quale dovrebbe arrivare il verdetto definitivo dei giudici, i democratici stanno tentando di capire come agire per evitare che le donne si vedano private di un diritto fondamentale. In assenza di una legge univoca, infatti, la palla passerebbe ai singoli Stati che, soprattutto nelle amministrazioni a orientamento repubblicano, potrebbero aggiungere ulteriori limitazioni o vietarlo del tutto. Ma non solo. La caccia alle streghe, infatti, rischierebbe di coinvolgere anche modalità più blande e meno sottoposte al controllo statale come l’aborto farmacologico, già preso di mira da attivisti e politici pro-life come prossimo bersaglio da colpire.
In cosa consiste l’aborto farmacologico
Se l’abrogazione andasse in porto, l’aborto farmacologico diventerebbe, per molti, l’ultima spiaggia su cui fare affidamento. L’operazione, consistente nell’assunzione di due pillole nelle prime 10 settimane, non richiede alcun intervento chirurgico e consentirebbe alla paziente di eludere il divieto: decaduto nel 2021 l’obbligo di ritirarli di persona con una richiesta firmata dal medico, i farmaci necessari sono facilmente acquistabili sul web, dopo un rapido consulto in videochiamata, attraverso siti e piattaforme che ne garantiscono la spedizione a casa. Offrendo, dunque, anche un’alternativa all’opzione dei viaggi transfrontalieri che, negli anni, hanno portato numerose donne a barcamenarsi tra un mosaico disordinato di norme statali dissonanti e lunghi e pericolosi tragitti da percorrere, spesso, in totale solitudine. «L’interruzione via farmaco si trasformerà nel campo di battaglia dove si capirà quanto e come saranno applicabili i veti. È lì che si decideranno davvero i termini dell’accesso all’aborto», ha spiegato ad AP News la professoressa Mary Ziegler, specializzata in diritti riproduttivi.

Come funziona l’aborto farmacologico negli Stati Uniti
Il ricorso alle pillole abortive, in America, ha conosciuto un incremento a partire dagli anni 2000, quando la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’utilizzo del mifepristone, adoperato generalmente in abbinamento al misoprostolo. Da allora, come confermato dal Guttmacher Institute, più della metà delle IVG vengono effettuate attraverso questo metodo, aggirando la procedura tradizionale in sala operatoria. Soprattutto da quando la compravendita sul web è stata ufficialmente legalizzata.

Sono state proprio queste misure a incentivare anche la nascita di servizi online in grado di offrire alla diretta interessata informazioni utili sui farmaci e un contatto diretto con uno specialista per ottenere la prescrizione. Come nel caso di una donna del South Dakota che, vedendosi impossibilitata a prenotare un appuntamento nella clinica dello stato in cui era residente per questioni di tempistica, ha trovato un sito internet, Just The Pill, dove le è stato consigliato di arrivare in Minnesota per un consulto telefonico con un dottore. Esattamente una settimana dopo, si è rimessa in auto per ritirare le sue pillole.
Il rischio di diventare il nuovo target dei pro-life
Ricorrere a questa procedura, tuttavia, non è semplice come potrebbe sembrare: al momento, infatti, sono 19 gli Stati che richiedono la presenza di uno specialista al momento del ritiro dei farmaci e, di recente, realtà come il South Dakota, il Texas, il Kentucky, l’Ohio, il Tennessee, l’Arkansas e l’Oklahoma si stanno muovendo per attivare nuove restrizioni, come l’obbligo dei controlli in presenza e il ban sul delivery, utili a «proteggere le donne e tutelare i bambini non ancora nati». L’unica scorciatoia rimane quella delle farmacie che operano in Rete (anche su circuiti internazionali) senza la necessità di alcun intermediario e consentono agli ordini di valicare i confini senza troppi problemi. «Questo è il sistema più pratico per abortire senza l’intervento diretto di un fornitore», ha spiegato la professoressa Greer Donley, esperta di assistenza sanitaria riproduttiva, «sarà molto difficile per le autorità statali gestirne il controllo e individuare, nel caso in cui l’abolizione passasse, le modalità più efficaci per limitarlo».

Per Sue Leibel, direttrice della Susan B. Anthony List, organizzazione contro l’aborto, l’unica soluzione è «fissare come target le farmacie e le cliniche che forniscono mifepristone e misoprostolo ed eleggere un rappresentante che possa mettere in discussione la decisione dell’FDA dall’interno». Tuttavia, per Donley, tra nuove battaglie legali all’orizzonte e donne che, in barba agli impedimenti, faranno di tutto per procurarsi i medicinali, c’è il rischio che la legge finisca per prendere di mira proprio loro. «Molti legislatori pro-vita potrebbero pensare che l’unica strada per imporre le norme sia perseguire penalmente la paziente incinta».