Nel fine settimana è arrivato, a sorpresa, l’annuncio dell’abolizione della polizia morale in Iran, corpo che fin dal 2005 ha avuto il compito di far rispettare il rigoroso codice di abbigliamento che impone a tutte le donne (iraniane e straniere, musulmane o meno) non solo di coprire il capo con il velo, ma anche di non indossare pantaloni attillati o scoprire le gambe. «L’hijab portato in modo sbagliato è una delle principali preoccupazioni della magistratura e della nostra società rivoluzionaria, ma l’azione legale è l’ultima risorsa», ha dichiarato il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri. La comunità internazionale nutre dubbi sul fatto che alle parole del procuratore seguano veramente i fatti. In molti pensano infatti che l’abolizione di Gasht-e Ershad (questo il nome iraniano della “buoncostume” di Teheran) sia solo una mossa di facciata per ammorbidire fintamente il codice di abbigliamento islamico e placare le proteste che da quasi tre mesi si stanno susseguendo in tutto il Paese.

Da qualche giorno in Iran non si vedono più i furgoni della polizia morale
Le unità della polizia morale, riconoscibili dai furgoni bianchi con strisce verde scuro, sono solitamente composte da più uomini e donne: pattugliano le strade o si sistemano in punti strategici frequentati dai pedoni. Velo e abiti larghi: questi gli obblighi per le donne in pubblico. In caso di violazioni, la polizia morale poteva limitarsi ad avvertimenti verbali oppure procedere all’arresto, portando poi le donne fermate in “centri di rieducazione”. In effetti è da qualche giorno che i furgoni della polizia morale sono scomparsi dalla strade. E Montazeri ha fatto il suo annuncio proprio rispondendo a una domanda in merito.

Gasht-e Ershad risponde al ministero dell’Interno e non alla magistratura
Il procuratore generale ha quindi annunciato la chiusura: «La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l’ha creata». Gasht-e Ershad non risponde infatti ai giudici, bensì al ministero dell’Interno: dal governo di Teheran, al momento, non è ancora arrivata alcuna conferma ufficiale. «Nessun funzionario della Repubblica islamica ha detto che la polizia morale è stata chiusa», ha precisato la tivù di Stato iraniana in lingua araba Al-Alam.
La vaghezza dell’annuncio e il silenzio delle autorità competenti
E anche se fosse stata chiusa in assenza di comunicazioni ufficiali, si tratta di un provvedimento definito o di una semplice sospensione? Le parole di Montazeri sono state riportate dai media di tutto il mondo, ma mancano di chiarezza. Tranne che in un passaggio, cioè quando ha evidenziato che la magistratura continuerà a vigilare sui comportamenti dei cittadini, sottolineando l’importanza di un abbigliamento femminile consono.

Ancora prima Montazeri aveva anche reso noto, senza aggiungere dettagli, che parlamento e Consiglio di sicurezza stavano discutendo la questione dell’hijab obbligatorio, uno dei capisaldi della teocrazia di Teheran. Un annuncio vago, che può voler dire tutto o niente, a cui tra l’altro non ha fatto seguito alcuna comunicazione.
In precedenza erano esistite altre forme di pattugliamento
La polizia morale è stata creata dal Consiglio supremo della Rivoluzione culturale durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad. Con l’amministrazione di Hassan Rohani, i controlli del codice di abbigliamento erano stati allentati. Poi, con l’arrivo al potere dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi, Gasht-e Ershad è tornata ad agire con durezza. I controlli sull’abbigliamento non sono però certo nati con Ahmadinejad: in precedenza esistevano altre forme di pattugliamento, dunque con ogni probabilità ci saranno anche in futuro.
Il governo ha annunciato tolleranza zero nei confronti dei manifestanti
Proprio Raisi ha recentemente dichiarato: «Ci sono metodi di attuazione della Costituzione che possono essere flessibili». Un segnale di apertura, seguito dal silenzio. Altri funzionari hanno accennato a metodi meno conflittuali (ma comunque controversi) come l’uso dell’intelligenza artificiale e delle telecamere per multare chi viola le regole. In attesa di capire cosa succederà ai trasgressori, il Consiglio di sicurezza iraniano ha messo in chiaro cosa potrà accadere ai manifestanti: tolleranza zero nei confronti di ogni forma di protesta, che sarà repressa con la forza. Secondo le autorità, «nei recenti disordini nel Paese sono morte oltre 200 persone, tra cui forze di sicurezza, persone innocenti, rivoltosi e anti-rivoluzionari armati, che erano legati a gruppi separatisti».