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Da Nimby a Pimby: lo sviluppo sostenibile secondo A2A

I risultati della ricerca realizzata con The European House e le nuove frontiere della transizione ecologica del Paese.

14 Ottobre 2021 10:4414 Ottobre 2021 18:17 Redazione
I risultati della ricerca realizzata da The European House - Ambrosetti in collaborazione con A2A

L’estate 2021 è stata la più calda degli ultimi 200 anni e proprio in Italia si sono registrate tra le temperature più alte d’Europa. Nessuno dubita più che il mondo sia soggetto a grandi cambiamenti climatici causati dalle attività dell’uomo. Occorre intervenire a livello globale per invertire questa rotta, tutti i Paesi devono fare la loro parte, Italia inclusa, per ridurre le emissioni di gas serra. Serve passare a un modello di sviluppo sostenibile improntato sull’uso circolare delle risorse piuttosto che sul loro sfruttamento e consumo.

Come passare da Nimby a Pimby

Una ricerca realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A, presentata a settembre a Cernobbio, identifica le attuali criticità del sistema Italia e propone alcune soluzioni. Secondo lo studio Da NIMBY a PIMBY: economia circolare come volano della transizione ecologica e sostenibile del Paese e dei suoi territori nei prossimi tre anni in Italia la capacità residua delle discariche si esaurirà. In Italia si producono circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di questi, 6,3 finiscono in discarica. Il tasso di conferimento è circa 30 volte in più rispetto a quello dei Paesi europei più virtuosi. Basti pensare che la percentuale italiana si attesta al 20,9 per cento mentre la media di Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca è lo 0,69 per cento. Secondo la ricerca, nei Paesi best performer in media circa il 45,4 per cento dei rifiuti urbani viene avviato a recupero energetico, contro il 19,6 per cento dell’Italia. Per colmare questo divario in Italia servirebbero tra 6 e 8 nuovi impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti urbani, con un investimento complessivo compreso tra 2,2 e 2,5 miliardi di euro. Ai quali andrebbero sommati altri 700 milioni (8 linee aggiuntive) se consideriamo anche il trattamento dei fanghi di depurazione che attualmente sono smaltiti per il 55,9 per cento anziché essere avviati a recupero energetico. Inoltre, la frazione organica della raccolta differenziata può essere trattata in modo da essere valorizzata. Con un investimento di circa 1,1-1,3 miliardi, stima lo studio, il Paese potrebbe realizzare nuovi impianti di trattamento e recuperare materia (compost) e energia pulita (biogas). Lo sviluppo di infrastrutture dedicate al trattamento della Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) può infatti abilitare una produzione di biometano fino a 768 milioni di metri cubi ottenuti dalla purificazione di biogas: si tratta di una risorsa strategica per la decarbonizzazione.

I benefici economici di una migliore gestione dei rifiuti

Nello scenario delineato dalla ricerca di Ambrosetti e A2A, i benefici ambientali legati a una migliore gestione dei rifiuti si accompagnerebbero a importanti ritorni economici: realizzare gli impianti necessari garantirebbe una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 3,7 milioni di tonnellate, un ritorno 11,8 miliardi di indotto economico, e per i cittadini un risparmio effettivo in tasse sui rifiuti. Un vero circolo virtuoso. Una criticità importante da risolvere, individuata già nel titolo dello studio, riguarda la sindrome NIMBY (“Not In My Backyard”). Se si superasse questo atteggiamento, favorendo il dibatto e la consapevolezza, si passerebbe al Pimby (Please in my Backyard) e l’economia circolare farebbe davvero un passo avanti.

Tag:Business
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