Perché Allegri è per la Juventus una sagra dei conti in rosso

Pippo Russo
20/09/2022

Allegri è illicenziabile: colpa del suo contratto da 13 milioni lordi fino al 2025. Solo che la mancata qualificazione alla prossima Champions costerebbe 15,6 milioni. Per non parlare del deprezzamento dei giocatori. La Juve si è infilata in un vicolo cieco, col bilancio che piange.

Perché Allegri è per la Juventus una sagra dei conti in rosso

«Lo paghi tu quello che viene dopo?». Le improvvide parole di Maurizio Arrivabene sono la sintesi più efficace del vicolo cieco in cui si è cacciata la Juventus. E in fondo a quel vicolo ci sta lui: Massimiliano Allegri. Max per gli amici, #AllegriOUT per una schiera di detrattori ormai talmente vasta da sfiorare l’unanimità, se non fosse per quel controhashtag #AllegriIN che sta decollando dietro impulso della parte anti-juventina del Paese. Inscalfibile, imperturbabile, soprattutto illicenziabile. Forte di un contratto che oltrepassa la soglia della decenza e perciò non offre regole d’ingaggio al giudizio. Perché come si fa a giudicare un allenatore che percepisce 7 milioni netti all’anno fino al 2025 (13 milioni stagionali al lordo, con impegno complessivo quadriennale da 52 milioni di euro per le casse bianconere) e poi rimedia le figure che sta collezionando in questo avvio di stagione? O record indelebili come aver guidato la prima squadra nella storia che ha perso una partita di Serie A contro il Monza?

Quel sorriso sinistro di Max, del tipo: «Provate a schiodarmi un’altra volta da qui»

È tutto quanto incommentabile perché manca il senso della proporzione. E lo è anche perché Allegri porterà pure un fardello di colpe sue, ma è a sua volta un fardello di colpe che altri dovrebbero prendersi in carico. Invece fanno finta di nulla. A cominciare dallo stesso Arrivabene, che ama esibire la faccia dura ma sarebbe meglio parlasse di meno perché come comunicatore lascia parecchio a desiderare. E continuando in su per la gerarchia dirigenziale si arriva fino a Andrea Agnelli, che invece con la comunicazione ha proprio smesso o forse ha soltanto ricevuto l’ordine di indurre l’evanescenza di se stesso. E mentre la Juventus cumula numeri negativi sia sul campo sia nei conti, l’unico che continua a ridersela è proprio l’allenatore. Per il quale il vicolo cieco è una comfort zone. Non è che sta lì perché ha perso la via d’uscita, ma proprio perché devono compiere un atto di forza per cavarlo da dove si trova.

Perché Allegri è per la Juventus una sagra dei conti in rosso
Massimiliano Allegri contro il Psg. (Getty)

Quel vicolo cieco è il suo bunker e la società bianconera non ha la risolutezza per estrarlo. Forse non si capisce nemmeno a chi tocchi farlo, dato che in questo momento il vuoto di potere sembra essere la sola cifra reale del vertice bianconero. Sicché l’allenatore rimane al suo posto, almeno fino a quando non ci si renderà conto che dovrà comunque essere fatta una scelta rovinosa. Continuerà a essere #AllegriIN, come del resto è stato fin dall’inizio di questa seconda avventura bianconera, e come testimoniato dall’annuncio che il sito ufficiale juventino diede due estati fa per comunicare che l’allenatore livornese tornava sulla panchina bianconera. È stato usato proprio quell’hashtag, a corredare una foto in bianco e nero in cui il signor Max sfodera una posa e un sorriso che adesso appaiono parecchio sinistri. Se ne sta di tre quarti e si guarda indietro, sembra proprio dire: «E adesso provate a schiodarmi un’altra volta da qui».

Da qualche parte bisognerà sanguinare, ma dove?

E allora si può ben comprendere il motivo di quelle parole pronunciate da Arrivabene in risposta a un tifoso che chiedeva la cacciata di Allegri. E tuttavia il fatto che lo si comprenda non comporta che lo giustifichi anche. Non giustifica nemmeno che un amministratore delegato, sia pure con tono scherzoso (e neanche tanto), dica che di fatto uno dei suoi dipendenti principali rimane dove è perché licenziarlo sarebbe un disastro economico. Tanto più che quella frase è stata pronunciata prima della disfatta rimediata allo U-Power Stadium di Monza. Adesso l’amministratore delegato la ripeterebbe? L’interrogativo rimarrà senza risposta, ma è comunque opportuno fare un po’ di conti per capire quale sia il male minore proprio in termini economico-finanziari. Perché dato per assodato che da qualche parte bisognerà sanguinare, tocca capire da quale parte l’emorragia sarà meno copiosa e produrrà esiti meno letali. E in tal senso il riferimento-chiave è sempre quello: la qualificazione alla fase a gironi della Champions League, la vera Linea del Piave per i vertici bianconeri. Averla conquistata nella scorsa stagione è stato l’unico titolo di merito per Allegri nel 2021-22. Ma già a metà settembre quell’esito favorevole ha esaurito gli effetti positivi. Perché la Juventus è quasi fuori dalla fase successiva della Champions, quella a eliminazione diretta. E perché riguadagnare la qualificazione al termine del campionato in corso appare in questo momento ipotesi remota.

Perché Allegri è per la Juventus una sagra dei conti in rosso
Massimiliano Allegri. (Getty)

Mercato flop: 8 milioni netti a Pogba, 7,86 per Di Maria

E allora, dato che la si mette sul piano dei conti da non mandare in aria, ecco delle cifre sulle quali ragionare. Il premio assegnato dall’Uefa a ciascun club per la sola partecipazione alla fase a gironi di Champions è di 15,6 milioni di euro. Cioè 2,6 milioni in più di quanto la Juventus versa a Allegri per un anno di stipendio lordo. Ovvio che il licenziamento di Allegri non dia la certezza che un nuovo allenatore rimetta la squadra nelle condizioni di acciuffare la qualificazione. E tuttavia è forte la sensazione che serva una sterzata per non compromettere la stagione in corso e quelle a venire. Inoltre, vanno aggiunte le cifre spese per rendere questa squadra competitiva nell’immediato, cioè per soddisfare le richieste di Allegri: 80 milioni di euro per Dusan Vlahovic, 41 milioni per Gleison Bremer (più bonus e oneri accessori), oltre 20 milioni per Leandro Paredes, 31 milioni per il molto probabile riscatto di Moise Kean (che avverrà alla fine di questa stagione), 12 milioni per Filip Kostic, quasi 9 per Zakaria e una decina per l’eventuale riscatto di Arkadiusz Milik. E al conto vanno aggiunti gli stipendi per i due calciatori giunti a parametro zero e voluti da Allegri per vincere subito: 8 milioni netti per Paul Pogba (10,48 milioni al lordo, grazie allo sconto determinato dal Decreto Crescita) e 7,86 milioni per Angel Di Maria (che si fermerà soltanto un anno e dunque potrebbe non garantire appieno al club i vantaggi dello stesso decreto). Per la cronaca, proprio i due ultimi menzionati sono i più clamorosi flop di questo inizio di stagione, sia pure per ragioni diverse.

La dirigenza della Juve con Allegri. (Getty)
Arrivabene, Nedvdev e Cherubini con Allegri. (Getty)

Il vuoto intorno alla panchina: Arrivabene e Nedved inadeguati

Dunque, al di là delle valutazioni che possano essere fatte sull’opportunità dei singoli investimenti, resta il fatto che in nemmeno un anno e mezzo dal ritorno di Allegri in panchina la Juventus si è esposta in modo massiccio sul mercato. I ritorni di tutto ciò sono stati modesti, con tendenza al peggioramento.. Si presenta allora l’esigenza di tutelare gli investimenti compiuti e metterli nelle condizioni di essere fruttuosi. Sicché, ecco l’interrogativo cruciale: Allegri è in grado di tutelare gli investimenti fatti per lui? Cioè, non si tratta di “chi paga quello che arriva”, ma di “quanto ancora può essere deprezzato il patrimonio che si ha in casa”. Quale delle due opzioni è meno rovinosa? Intorno al dilemma si staranno arrovellando i dirigenti juventini, senza che però si capisca chi debba prendere le decisioni. Perché in questo momento non è proprio chiaro chi comandi in casa Juventus. Il presidente Andrea Agnelli, architetto del disastro dei conti cominciato con l’ingaggio di Cristiano Ronaldo e protagonista di una figuraccia mondiale nella vicenda della fallita Superlega, è di fatto sotto tutela di Arrivabene e ormai non appare quasi più. Lo stesso Arrivabene, espressione di John Elkann, è un aggiustatore privo di visione e dà ancora l’impressione di non aver ben capito come funzioni il mondo del calcio. Il vicepresidente Pavel Nedved non avrebbe mai dovuto essere lì. E tutto intorno c’è un panorama di figure che in altri tempi non avrebbero mai occupato un posto in Juventus. L’asticella si è nettamente abbassata, tanto quanto i risultati sul campo. E in queste condizioni Allegri se la può ridere in conferenza stampa anche davanti all’ipotesi dell’esonero. In mezzo a tanta decadenza lui ci sta da re.

@pippoevai