Esattamente sei anni fa, il 28 febbraio 2017, moriva Leone Di Lernia, conduttore radiofonico e cantautore cult genere trash-demenziale italiano. Aveva raggiunto grande popolarità all’inizio degli Anni 90, grazie a cover parodistiche e goliardiche di brani di musica dance, suo marchio di fabbrica. Poi era stato per quasi 10 anni spalla comica del programma radiofonico Lo Zoo di 105.
Da Trani a Milano, con tutti gli stereotipi del “terrone” emigrato
Nato a Trani il 18 aprile 1938, aveva vissuto un’infanzia povera. Guardando gli americani, imparò a ballare il tip tap e la gente gli buttava qualche soldo: «In un giorno riuscivo a fare 5 lire e con quelle potevo mangiare tranquillamente». Incise il suo primo 45 giri, Trenta chili/Andiamo nei cieli, nel 1968. Poi si era trasferito a Milano, lavorando a lungo come cantante e comico dialettale in varie televisioni locali. Al nord si era portato dietro tutti gli stereotipi del “terrone” emigrato: il cibo, il sesso, il ricchio’ usato come intercalare: nel 1975 ecco il secondo singolo Gaccia ad’avè/Spuosatiella Geuvè, cover in dialetto tranese della celebre I gotcha di Joe Tex.
Negli anni successivi pubblicò altri dischi, sia come “Leone Di Lernia e la sua new rock band”, sia da solista. Sempre in dialetto, dal quale non si “ripulì” mai: «Se avessi parlato un italiano pulito chi avrebbe riso?», disse in un’intervista al Giorno del 2012.
La popolarità negli Anni 90 e Lo Zoo di 105
Nel 1983 arrivò persino a essere ospitato da Pippo Baudo a Domenica In. Negli Anni 90, grazie alla partecipazione al programma radiofonico di Radio Monte Carlo Fausto Terenzi Show, era arrivata la popolarità a livello nazionale. Leitmotiv delle cover in dialetto dei brani del momento, il cibo: «Tutti i giorni sta’ minestra sempre scott’», cantava in Magnando bailando. E, ovviamente, «Ti si mangiate la banana/con due salsicce e u’parmigian/e mo’ te senti mal!/», in uno dei suoi maggiori successi. Del resto «riuscire a non mangiare» è la cosa in cui riusciva peggio, per sua stessa ammissione sul sito di Radio 105, con cui aveva avuto una fortunata collaborazione. Probabilmente perché la fame, quella vera, l’aveva patita sul serio.

La parolaccia, l’invettiva: Leone populista primitivo
La parolaccia, l’invettiva, quell’Auzz tutto tranese diventato la sua impronta digitale avevano fatto di Leone Di Lernia un personaggio quasi da Commedia dell’arte. Da copione, anzi canovaccio, Leone era esagerato nel cibo e anche nel sesso: «Ho una raccolta di riviste pornografiche dagli Anni 50 a oggi che mi invidiano in molti e che sfoglio ancora per ispirarmi», disse al Giorno.

Populista primitivo, Di Lernia attaccava la Casta dagli stipendi da «30 mila euro al mese», suggerendo di prendere tutti a calci nel di dietro, per usare un eufemismo: oggi è diventato un programma politico. E in politica provò a entrare. Era il 1997 quando si candidò alle Comunali milanesi con la Lega d’Azione meridionale di Giancarlo Cito, riuscendo a raccogliere 5 mila voti. Esagerato ma consapevole di non essere eterno, Leone aveva pensato persino al suo funerale. «Mi metteranno nella cassa da morto con i due diti medi che spuntano fuori e dietro una canzone che fa: cagacciu eh eh eh, tratta da I gotcha, un pezzo di Joe Tex che ha venduto milioni e milioni di copie», disse a Writeanddroll society.
Tag43 vi dà il buongiorno con Ti si mangiate la banana, “cover dialettale” di The Rhythm of the Night realizzata da Leone Di Lernia.