Il 27 aprile 2014 moriva Vujadin Boskov, allenatore della Sampdoria campione d’Italia nel 1991. Fu uno dei grandi personaggi del nostro calcio tra gli Anni 80 e 90, quando la Serie A era il campionato più bello, seguito e ammirato al mondo: “Vuja” ne diventò un’icona non solo in virtù dei successi con i blucerchiati, ma anche grazie all’innata capacità di coniare ironiche frasi a effetto, diventati in alcuni casi tormentoni.
La carriera da calciatore, con una stagione nella Sampdoria
Vujadin Boškov era nato 16 maggio 1931 a Begeč, villaggio a pochi chilometri da Novi Sad, in quella che oggi è la Repubblica di Serbia. Protagonista di una buona carriera da calciatore – era centrocampista – aveva giocato a lungo nel Vojvodina, per poi approdare in Italia proprio alla Sampdoria (stagione 1961/62), prima di essere ingaggiato come giocatore-allenatore dagli svizzeri del Young Fellows Zurigo.

Da allenatore vinse con il Real Madrid, poi guidò la Samp nel suo periodo più bello
Dal campionato elvetico iniziò la sua seconda vita in panchina, che lo riportò innanzitutto a casa, per sette stagioni da tecnico del Vojvodina (che nel 1966 portò alla prima vittoria in campionato). In seguito diventò ct della Jugoslavia: da calciatore aveva indossato per 57 volte la maglia della Nazionale. Si trasferì poi nei Paesi Bassi, dove guidò il Den Haag e il più blasonato Feyenoord, per poi iniziare una lunga avventura in Spagna sulle panchine di Real Saragozza, Real Madrid (un campionato vinto) e Sporting Gijon. Nel 1984 il presidente dell’Ascoli Costantino Rozzi lo convinse ad accettare la panchina dei marchigiani, che avevano iniziato il campionato con Carlo Mazzone. Finì con una retrocessione, seguita da un campionato cadetto vinto dai bianconeri. Nel 1986 Paolo Mantovani lo chiamò alla Sampdoria, alla guida di una squadra che poteva contare in attacco sui gemelli del gol Vialli–Mancini, e non solo. In sei anni, con i blucerchiati vinse due Coppe Italia (1988 e 1989), una Coppa delle Coppe (1990), una Supercoppa italiana e, soprattutto, lo storico scudetto del 1991. L’anno successivo arrivò a giocarsi la Coppa dei Campioni in finale a Wembley contro il Barcellona, che però vinse grazie a una rete di Ronald Koeman (dopo aver già sconfitto la Samp nella finale di Coppa delle Coppe nel 1989).
Salutata Genova nel 1992, Boskov continuò ad allenare in Italia, ingaggiato da Roma (dove fece esordire Francesco Totti) e Napoli. Dopo una fugace esperienza nel Servette (Svizzera), tornò alla Sampdoria nel 1997/98, per poi chiudere con i club l’anno successivo a Perugia. Tra il 1999 e il 2000 allenò di nuovo la Jugoslavia, con cui affrontò Euro 2000.

«Rigore è quando arbitro fischia»: le sue frasi famose, veri e propri aforismi
Come detto, Boskov è famoso anche per le sue frasi, passate alla storia del calcio – almeno quello italiano. Su tutte, il tormentone «Rigore è quando arbitro fischia», citato ancora oggi in caso di penalty dubbio assegnato o meno. Indimenticabile anche «Gullit è come cervo che esce di foresta», di profonda ammirazione per il campione olandese. Non male poi la frecciata (eufemismo) rivolta al calciatore del Genoa José Perdomo, uno dei “bidoni” dell’epoca: «Se sciolgo io mio cane, lui gioca meglio di Perdomo…Io non dire che Perdomo giocare come mio cane. Io dire che lui potere giocare a calcio solo in parco di mia villa, con mio cane». Altre perle di Vuja? «Io penso che per segnare bisogna tirare in porta. Poi loro sono loro, noi siamo noi», «Nel calcio c’è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono», «In campo sembravamo turisti. Ma per entrare allo stadio non abbiamo pagato biglietto». E una volta, ai tempi del Napoli, indispettito nei confronti di un giornalista gli disse: «Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello!». Indimenticabile.
Tag43 vi dà il buongiorno con un video-omaggio dedicato a Vujadin Boskov.