Il 21 dicembre del 1925 fu proiettata in anteprima al teatro Bolšoj di Mosca La corazzata Potemkin, diretta dal regista russo Sergei Eisenstein, capolavoro del cinema e probabilmente il film muto più influente di tutti i tempi. Allo stesso modo, quest’opera è stato il primo esempio di combinazione tra arte cinematografica e ideologia di Stato. Innovativo fu anche il montaggio sperimentale e il trattamento della massa come protagonista della storia invece del singolo individuo
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La difficile distribuzione de La corazzata Potemkin in Occidente
In ambito internazionale, il successo dell’opera di Eisenstein mise per la prima volta il cinema russo e sovietico all’attenzione della critica mondiale. Ma mentre in Unione sovietica la sua circolazione fu capillare, la diffusione in Occidente fu più complicata proprio per il significato politico del film. Per anni, infatti, La corazzata Potemkin è stata sottoposta a censura o diluita in edizioni non autorizzate. Nell’Italia fascista e in una Germania alle prese con la propria profonda e aspra lotta di classe la distribuzione fu fortemente limitata, così come in Inghilterra, dove l’opera fu bandita perché ritenuta sovversiva. La sua circolazione è stata difficile anche negli Stati Uniti, dove solo piccoli gruppi di registi e critici poterono vederlo. Un aneddoto narra che fu tenuta una proiezione “clandestina” anche nell’appartamento newyorkese della diva Gloria Swanson, che dovette usare le sue lenzuola di raso come schermo.

L’evento storico, l’ammutinamento dell’incrociatore russo Prince Potemkin di Tauris
Commissionato nel 1925 dal governo sovietico per commemorare il ventesimo anniversario della sventata rivoluzione del 1905, La corazzata Potemkin è stato progettato per sembrare un cinegiornale e funzionare come un dramma. Sulla veridicità storica degli eventi narrati si è tenuto negli anni un considerevole dibattito che ha fatto emergere come Eisenstein si sia preso alcune licenze poetiche, creando una versione drammatizzata degli eventi reali. Il film racconta dell’ammutinamento dell’incrociatore corazzato della Marina Imperiale Prince Potemkin di Tauris, avvenuto nel giugno 1905. A bordo della corazzata, le condizioni per i marinai sono talmente insopportabili da spingerli alla rivolta. Tutti gli ufficiali vengono così uccisi e la nave viene liberata. Durante l’ammutinamento, Vakuulinchik, uno dei protagonisti del film, muore. I cittadini di Odessa si radunano così intorno al suo corpo e si uniscono ai marinai della Potemkin nella protesta. Ma l’arrivo cosacchi blocca l’insurrezione, che finisce con un massacro dei cittadini indifesi sui gradini che conducono al porto. Una flotta di corazzate arriva quindi per distruggere la Potemkin ma i marinai si uniscono alla protesta e lasciano passare la nave illesa. Ma è la scena dell’eccidio quella in cui la potenza e la violenza del montaggio di Eisenstein affiorano in una raffica di inquadrature di due secondi, metà delle quali in primo piano, che polverizzano lo spazio, dilatano il tempo e dove lo spettatore viene trascinato davanti alla spietata cavalleria dei cosacchi e condotto in uno stato psico-emotivo in grado, secondo Eisenstein, di rendere emotivamente pronti al messaggio ideologico che l’opera vuole trasmettere.
La sequenza al porto di Odessa
La scena chiave del film, la strage ambientata sui gradini del porto di Odessa, è probabilmente la sequenza più famosa e citata della storia della settima arte. In Italia, paradossalmente, è diventata però popolare soprattutto per una citazione ne Il secondo tragico Fantozzi (1976), dove il titolo del lungometraggio russo viene storpiato in corazzata Kotiomkin, una tegola di «18 bobine per 15 ore di film», quando l’originale è di appena un’ora e un quarto. Il commento sfogo dell’ingegner Fantozzi resta una delle battute più celebri della commedia italiana: «La corazzata Kotiomkin è una ca##ta pazzesca!». Ed è proprio con quest’ultima scena che Tag43 vi dà il buongiorno.