Il 17 marzo 1976 moriva Luchino Visconti, ritenuto uno dei maestri del cinema del XX secolo, tra i padri del neorealismo italiano. Luchino Visconti di Modrone è nato a Milano il 2 novembre 1906, quarto figlio del duca Giuseppe Visconti di Modrone e di Carla Erba, nonché nipote di tre senatori del Regno. A 26 anni guidò una scuderia di cavalli di sua proprietà, conquistando vari premi, inclusa la vittoria nel Gran Premio di Milano San Siro. Educato alla musica fin da ragazzo – il padre era tra i finanziatori del Teatro alla Scala – si appassionò, però, al cinema e mosse i suoi primi passi nella professione a Parigi, nel 1936, come assistente a regia e costumi per Jean Renoir, con cui era entrato in contatto grazie alla stilista Coco Chanel, sua compagna in quel periodo. Fu in Francia che entrò in contatto con intellettuali antifascisti e di sinistra. Lavorò con Renoir a Verso la vita e Una gita in campagna, esperienze che influenzarono profondamente la sua “visione” cinematografica. Dopo una breve esperienza a Hollywood, nel 1939 rientrò in Italia per la morte della madre e si stabilì a Roma, dove conobbe i giovani della rivisita Cinema – altri incontri fondamentali per la sua formazione – e dove si avvicinò al Partito Comunista Italiano.

Luchino Visconti, tra i padri del Neorealismo
Fu proprio nei primi anni romani che concentrò la sua attenzione sul realismo della narrazione. E nel 1942, lavorò al suo primo film, Ossessione, ispirato al romanzo Il postino suona sempre due volte di James Cain. Protagonisti in scena, Clara Calamai, Massimo Girotti, Juan de Landa ed Elio Marcuzzo. Il film segnò, di fatto, l’inizio del Neorealismo. Dopo l’8 settembre, Visconti collaborò con la Resistenza, con il nome di Alfredo e poi, latitante, convinse la sua compagna dell’epoca, l’attrice María Denis, a dare ospitalità agli antifascisti. La parola d’ordine per ottenere riparo e accoglienza era «per conto di chi sai tu». Tra questi, Sisinnio Mocci, poi arrestato e ucciso alle Fosse Ardeatine. Visconti fu catturato nel 1944 e imprigionato dalla Banda Koch. Fu l’intervento dell’amata presso la polizia fascista a salvarlo dalla fucilazione. Alla fine del confitto, Visconti tornò a dedicarsi al cinema e anche allo spettacolo. Lavorò al documentario sulla Resistenza, con regia collettiva, firmando le sequenze del linciaggio di Donato Carretta, ex direttore del carcere di Regina Coeli. E non mancò di occuparsi della messinscena di drammi in prosa e melodrammi lirici, arrivando anche, nel 1955, a dirigere Maria Callas ne La Sonnambula e La Traviata alla Scala.

I grandi film del regista Luchino Visconti
Il 1948 fu l’anno del film La terra trema ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga. Nel 1951, invece, firmò Bellissima, da un soggetto di Cesare Zavattini, con Anna Magnani e Walter Chiari come protagonisti. Poi, Siamo donne, con epidosi di vita privata di Alida Valli, Ingrid Bergman, Isa Miranda e della stessa Magnani. Nel 1954 realizzò il suo primo film a colori, Senso, ispirato a un racconto di Camillo Boito. Arrivò poi Le notti bianche, ripreso dall’omonimo romanzo di Dostoevskij, interpretato da Marcello Mastroianni, Maria Schell e Jean Marais, con cui, nel 1957, il regista vinse il Leone d’Argento a Venezia. E ancora, Rocco e i suoi fratelli e Boccaccio ’70, lungometraggio a episodi che realizzò con Vittorio De Sica, Federico Fellini e Mario Monicelli. Il 1963 fu l’anno de Il Gattopardo, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: le scene con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale conquistarono pubblico e critica, segnando la storia di cinema e immaginario. Dopo, Vaghe stelle dell’Orsa, ispirato a Leopardi, e La strega bruciata viva, episodio del film collettivo Le streghe, con Silvana Mangano. Ancora, Lo Straniero, ispirato al libro di Albert Camus, con Marcello Mastroianni. La caduta degli Dei, con Dirk Bogarde, Helmut Berger e Ingrid Thulin, nel 1969, segnò l’inizio della cosiddetta Trilogia tedesca, con Morte a Venezia e Ludwig. Il 27 luglio 1972, proprio alla fine delle riprese di Ludwig il regista fu colto da un ictus cerebrale e rimase parzialmente paralizzato. Ciò non gli impedì di lavorare. Fu suo l’allestimento di Manon Lescaut per il Festival dei Due Mondi di Spoleto diretto da Romolo Valli, nel 1973. Girò anche i film Gruppo di famiglia in un interno e L’innocente. Si spense nel 1976, per una trombosi. Tag43 vi augura il buongiorno con una scena de Il Gattopardo del 1963.