Oggi 14 giugno è il compleanno di Francesco Guccini, cantautore-poeta e scrittore di successo. Nato a Modena nel 1940 da un toscano originario di Pàvana e da una emiliana di Carpi, nelle proprie opere Guccini ricorda spesso l’infanzia trascorsa sull’Appennino dai nonni paterni a causa della guerra e proprio al paese in provincia di Pistoia dedica il suo primo romanzo Cròniche epafàniche (1989). Un senso di appartenenza, il suo, ricorrente e presente anche nell’album Radici. Finita la guerra, la famiglia fa ritorno a Modena («Piccola città, bastardo posto,/ appena nato ti compresi/ o fu il fato che in tre mesi/ mi spinse via?» (da Piccola città, Radici, 1972), città raccontata in Vacca d’un cane (1993) suo secondo romanzo. Negli Anni 50 frequenta le magistrali e nel 1957 prende in mano la chitarra sull’onda del rock’n’roll. Nel 1958 si iscrive all’Università, facoltà di Magistero, indirizzo Lingue e Letterature straniere. Nello stesso anno lavora come istitutore in un collegio di Pesero lasciando però la professione poco dopo. Dal ‘59 al ‘60 è cronista alla Gazzetta di Modena. Un lavoro amato ma poco pagato, e così approda alle orchestre da balera.
Le band da balera e il Carosello
Nel 1961 si trasferisce con la famiglia a Bologna e si unisce al gruppo I Marinos diventati poi I Gatti; continua a suonare fino al 1962, quando è costretto a partire per il servizio militare. Al suo ritorno, nell’ottobre del 1963, decide di tornare a studiare all’Università – ma lascia poco prima della laurea – rinunciando così ad entrare a far parte dell’Equipe 84. Nel 1965 inizia l’esperienza di docente di lingua italiana presso la sede bolognese dell’università americana Dickinson College, attività che proseguirà fino al 1985; collabora con l’agenzia pubblicitaria dell’amico Guido De Maria scrivendo, tra le altre, le sceneggiature per il Carosello di Salomone pirata pacioccone, per Amarena Fabbri; assieme al disegnatore Franco Bonvicini – Bonvi – nel 1969, realizza i primi quattro episodi delle Storie dello spazio profondo.

La carriera d’autore con l’Equipe 84, I Nomadi e Caterina Caselli
Nel 1966 comincia a farsi conoscere come autore sia del’Equipe 84, per cui scrive L’Antisociale, Auschwitz, È dall’amore che nasce l’uomo, per I Nomadi (Noi non ci saremo, Dio è morto, Per fare un uomo e molti altri) e per Caterina Caselli che lo invita alla trasmissione Diamoci del tu condotta con Giorgio Gaber. L’altro ospite era un ancora sconosciuto Franco Battiato. Il debutto come cantautore nel 1967 con Folk Beat n°1. Nel 1970 è la volta di Due anni dopo, album dai esistenziali e de L’isola non trovata a cui collaborano il pianista Vince Tempera, il batterista Ellade Bandini e il bassista Ares Tavolazzi. Il vero salto arriva nel 1972 con Radici che contiene la mitica Locomotiva, il brano che per molti anni ha chiuso ogni suo concerto. Nel 1974 esce l’album Stanze di vita quotidiana che viene duramente bocciato dal critico Riccardo Bertoncelli secondo il quale Guccini è ormai «un artista finito, a cui non resta più nulla da dire». Lui gli risponde qualche anno dopo con L’avvelenata contenuta in Via Paolo Fabbri 43, album del 1976 che segna il vero successo commerciale del cantautore. Il disco successivo, pubblicato nel 1978, è Amerigo, la cui canzone più famosa è Eskimo, storia di un amore in crisi. Gli Anni 80 si aprono con Metropolis (1981), album dedicato a città simbolo come Bisanzio, Venezia, Bologna, e Milano. Il disco successivo, Guccini (1983), riprende le stesse tematiche del precedente, soprattutto il tema del viaggio e del disagio metropolitano. Uno tra i brani più conosciuti è Autogrill. Nel 1984 arriva il live Fra la via Emilia e il West del concerto in Piazza Maggiore a Bologna. Il 1987, invece, è l’anno di Signora Bovary che contiene Culodritto, dedicata alla figlia Teresa, nata nel 1978. Nel 1990 esce Quello che non…, il suo 12esimo album. Tre anni dopo è la volta di Parnassius Guccinii che contiene soprattutto Farewell, ballata dell’amor perduto. D’amore di morte e di altre sciocchezze esce invece nel 1996. L’anno successivo comincia la collaborazione letteraria con Loriano Macchiavelli. Scriveranno, a quattro mani, ben otto romanzi.
L’addio al cantautorato
Nel 2000 esce Stagioni che contiene un’altra canzone dedicata alla figlia Teresa: E un giorno. Nell’album successivo, Ritratti (2004) Guccini ritrae alcuni uomini entrati nella storia, per loro volontà o loro malgrado: Ulisse (Odỳsseus), Ernesto “Che” Guevara (Canzone per il Che), Cristoforo Colombo (Colombo), Carlo Giuliani (Piazza Alimonda). Nello stesso anno gli viene dedicata nuova specie di pianta dal botanico Davide Donati: si tratta di un cactus messicano, Corynopuntia guccinii. Divertenti sono le circostanze che hanno portato alla dedica, come raccontò Donati: nel 2008, solo, in mezzo a una piana desertica del Messico, stava ascoltando musica Durante Incontro di Guccini si imbatte in una pianta sconosciuta, notando a proprie spese che, grazie alle sue tremende spine, «non perdona e tocca», proprio come Cirano. Nel giugno 2010, alla vigilia dei 70 anni di Guccini, la pianta schiude un fiore rosso vino, cosa quasi unica per le Corynopuntia, cactus generalmente a fiore giallo. «Non potevo dedicarla ad altri», scrisse Donati. Nel 2012, a quasi nove anni di distanza dal precedente Ritratti, viene pubblicato l’ultimo album in studio di Francesco Guccini: L’Ultima Thule. Con queste canzoni (tra le altre, Canzone di notte n.4, L’Ultima volta, Il testamento di un pagliaccio) incise a Pàvana nel Mulino dei nonni, Francesco Guccini dichiara di voler lasciare la professione di cantautore. Nel 2019 pubblica Tralummescuro e, nel mese di maggio, viene inserito tra i cinque libri finalisti al Premio Campiello.

La maculopatia bilaterale e i problemi alla vista
Recentemente Guccini, in occasione della presentazione del nuovo romanzo Tre cene (L’ultima invero è un pranzo) a Firenze si è lasciato andare ad uno sfogo: «La musica non la sopporto più, proprio non la sopporto nella maniera più assoluta», ha ammesso. «Mia moglie ascolta molto, è molto esperta anche di queste ultime tendenze: credo che sappia tutto sui Maneskin, se così si chiamano. Ogni tanto però mi capita di ascoltare rock and roll degli Anni 50, mi piace moltissimo». Guccini, parlando al pubblico, ha confessato anche i suoi problemi di salute. «Purtroppo mi son beccato la maculopatia bilaterale, in tutti e due gli occhi. Ci vedo a camminare ma fino a un certo punto e quindi non riesco più a leggere. Con il computer riesco a leggere, perchP ingrandisce le lettere e riesco anche a scrivere. Ma come mi manca la lettura di un libro! Ho gli audiolibri, ma non sono la stessa cosa. Non riesco neanche a leggere più il giornale e questo mi dà una grande sofferenza, perché leggevo, leggevo, leggevo. La mia vera professione è quella di leggere dei libri».
Tag43 lo festeggia dandovi il buongiorno con l’avvelenata.