Il 13 dicembre 1973 usciva nelle sale Amarcord di Federico Fellini. Esattamente come il termine “paparazzi”, creato e diffuso con La Dolce Vita del 1960, anche Amarcord – dal romagnolo a m’arcord, mi ricordo – è entrato nella nostra lingua con il significato di ricordo, rievocazione nostalgica del passato. Anche se, come chiarì più tardi il co-sceneggiatore Tonino Guerra in una intervista a Repubblica, Amarcord ha anche un altro significato: «Tutti pensano che sia solo il riferimento al dialetto `mi ricordo’: è vero, ma solo per assonanza, perché in realtà deriva dalla `comanda’ dei ricchi che entravano al bar chiedendo l’amaro Cora. Da amaro, amaro Cora, è nato Amarcord».

I personaggi, le maschere e l’atmosfera della Rimini Anni 30
Il film fotografa la vita di Rimini nei primi Anni 30, con i suoi personaggi a tratti grotteschi: la Gradisca, la Volpina, la tabaccaia formosa. Ed eventi “straordinari” come il passaggio del transatlantico Rex, l’arrivo di un emiro con le sue 30 concubine al Grand Hotel e il passaggio delle Mille Miglia. I veri protagonisti però sono gli adolescenti del quartiere. Tra questi, Titta, infatuato dell’inarrivabile Gradisca e preso dalla tabaccaia. Figlio di Aurelio (Armando Brancia), un anarchico, e di Miranda (Pupella Maggio), vive insieme con lo zio Lallo (Nando Orfei), simpatizzante fascista mantenuto dalla famiglia, e il nonno. Dei Biondi fa parte anche zio Teo, interpretato da Ciccio Ingrassia, ricoverato in manicomio.

Il ruolo della Gradisca e il cameo di un giovanissimo Eros Ramazzotti
In origine, il ruolo della Gradisca era stato pensato per Sandra Milo che però rifiutò. Al suo posto fu scelta Edwige Fenech che però, alla firma del contratto, venne scartata perché troppo slanciata. Alla fine fu scritturata l’ultra 40enne Magali Noël che aveva già lavorato con Fellini. Altra curiosità: nella scena dei bambini che giocano con la neve compare un giovanissimo Eros Ramazzotti. Altre piccole comparse furono prese dai quartieri vicino a Cinecittà.

La poesia delle musiche di Nino Rota
Amarcord è senza dubbio il più autobiografico dei film del maestro riminese, una trasfigurazione poetica dei ricordi di Fellini arricchiti dallo sguardo di Tonino Guerra e raccontati sullo schermo dal suo alter ego Bruno Zanin. Uno spaccato onirico di vita, musicato da Nino Rota, che ha conquistato il mondo. Amarcord vinse nel 1975 anche l’Oscar come migliore film straniero oltre alle candidature come miglior regia e migliore sceneggiatura originale. Tag43 vi dà il buongiorno con la scena del Pranzo in famiglia.