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11 settembre 2001: com’è cambiato il modo di viaggiare dopo gli attentati

Niente più liquidi oltre una certa soglia, via le cinture e le scarpe. E ancora, addio agli oggetti potenzialmente contundenti a bordo. ecco sono cambiate le regole di volo.

9 Settembre 2021 11:369 Settembre 2021 11:39 Redazione
Niente più oggetti contundenti e liquidi oltre una certa soglia: come è cambiato il modo di viaggiare dopo l'11 settembre 2001

Nessun limite ai liquidi, cabine non sigillate e oggetti potenzialmente contundenti a bordo. Vent’anni fa salire su un aereo era diverso, sicuramente meno complicato. Chi è abbastanza grande per ricordarlo, saprà come gli adii e i saluti con i cari si consumassero a ridosso del decollo, mentre i controlli pur esistenti non erano per nulla stringenti. Furono gli attentati dell’11 settembre 2001 a ribaltare completamente le prospettive, disegnando la situazione attuale. Gli attacchi terroristici, considerati i peggiori della storia sul suolo americano, condussero a restrizioni in tutti gli aeroporti del mondo, con l’obiettivo non troppo nascosto di prevenire il ripetersi di una giornata drammatica.

Ad adattarsi in fretta furono tutte le componenti della catena, passeggeri inclusi. Appena due mesi dopo, infatti, il presidente Usa Geroge W. Bush, firmò la legge con cui veniva istituita la Transportation Security Administration. Da quel momento i controllori aeroportuali sarebbero stati agenti federali, sostituendo le agenzie private a cui le compagnie aeree progressivamente stavano trasferendo il mandato di gestire la sicurezza. Contestualmente si impose che tutti i bagagli registrati venissero scandagliati, le porte delle cabine di pilotaggio venissero sigillate e gli stessi agenti fossero presenti sui voli.

Dopo l’11 settembre ai passeggeri fu chiesto di togliere le cinture

Ai passeggeri poi si iniziarono a togliere le cinture prima dell’imbarco e svuotare borse e tasche per favorire la scansione degli oggetti. Solo allora alcuni di questi, come taglierini, in grado all’occorrenza diventare armi vennero  vietati. Tutti dovevano essere muniti di documento se maggiori di 18 anni, mentre la No Fly List stabiliva a chi fosse interdetta la possibilità di salire a bordo. Ci vorranno, poi, qualche mese e il fallito tentativo del dirottamento condotto da Richard Reid su un volo tra Parigi e Miami di fine 2001 per obbligare i viaggiatori a spogliarsi anche delle scarpe. Reid, infatti, tentò di detonare una bomba mimetizzata nelle calzature. Il rovescio della medaglia furono code sempre più lunghe e la necessità di anticipare l’arrivo allo scalo per evitare di perdere il volo. «Vista così è una scocciatura. Pensiamo ad azioni come il dover togliere la cintura. Ormai, però, ci si è abituati e tutto sommato i provvedimenti sono stati efficaci», dicono all’Associated Press i passeggeri. In proporzione, oggi più invasive appaiono, invece, le limitazioni dettate dal Covid. D’altronde, nel tempo anche le soluzioni per evitare le code si sono moltiplicate. Tra queste, negli Usa, i programmi PreCheck e Global Entry, tramite cui pagando una tariffa superiore e rivelando certe informazioni si possono attraversare i controlli senza bisogno di togliere scarpe e indumenti.

Niente più oggetti contundenti e liquidi oltre una certa soglia: come è cambiato il modo di viaggiare dopo l'11 settembre 2001
Controlli ai bagagli con il supporto di cani (Getty)

Controlli più snelli si barattano con una minore tutela della privacy

Comodità che, tuttavia, si barattano con una privacy minore. Ai viaggiatori vengono, infatti, chieste notizie sul lavoro, la provenienza e prese le impronte digitali. A ciò si aggiunge lo screening della fedina penale. Se si riflette sul fatto che al vaglio ci sia pure l’ipotesi di un controllo dei post sui social, delle informazioni diffuse dagli organi di stampa e del modo in cui vengono spesi i soldi, si comprende bene perché simili sistemi siano criticati da una larga fetta della popolazione. «Non si capisce bene il nesso di queste azioni con la necessità di tutelare la sicurezza», spiega Jay Stanley, esperto in materia presso l’American Civil Liberties Union.

Intanto sono oltre 10 milioni coloro che sono già iscritti a PreCheck. L’obiettivo della Tsa è arrivare a 25. Così, mentre il Paese si preoccupa delle celebrazioni per il ventesimo anniversario, l’Agenzia lavora in un modo che fa storcere il naso a molti. Coadiuvata nell’attività da una società che si chiama Idemia conta di aggiungerne altre due entro la fine dell’anno: Telos Identity Management Solutions e Clear Secure Inc. L’ultima utilizzerebbe le registrazioni provenienti da PreCheck per aumentare la propria offerta, che include lo stesso servizio per eventi sportivi e concerti. «Stanno cercando di aumentare la loro quota di mercato raccogliendo dati sensibili su quante più persone riescono a mettere le mani. È un campanello d’allarme», ha affermato India McKinney, direttrice degli affari federali per la Electronic Frontier Foundation, gruppo di difesa dei diritti digitali.

Il riconoscimento facciale, prossimo passo della Tsa

Di avviso diverso David Pekoske, amministratore di Tsa: «Abbiamo permesso ai fornitori di raggruppare le loro offerte con l’idea che sarebbe stato un incentivo per le persone a iscriversi ai programmi per viaggiatori fidati». In scaletta anche l’introduzione di dispositivi per il riconoscimento facciale che rendano più agile il controllo dei documenti. Sistema per molti ancora lacunoso, specie nei confronti delle persone di colore. E, soprattutto suscettibile di attacchi hacker. «Stanno anteponendo la convenienza alla sicurezza e alla privacy», ha tuonato McKinney. Esponente di una corrente di pensiero perplessa circa gli ultimi provvedimenti adottati dalla Tsa, come la scelta inizialmente paventata nel 2013 di permettere nuovamente di portare in cabina coltellini svizzeri. Il proposito venne poi abbandonato in seguito alle proteste. Stessa fine per gli scanner in grado di riprodurre immagini realistiche dei passeggeri, paragonate a vere e proprie perquisizioni virtuali.

Niente più oggetti contundenti e liquidi oltre una certa soglia: come è cambiato il modo di viaggiare dopo l'11 settembre 200
Aeroporto di Miami (Getty)

Accorgimenti che da un punto di vista pratico non sarebbero serviti a molto. È quanto emerge da una ricerca del 2015, secondo cui gli agenti della Tsa non sono riusciti a rilevare il 95 per cento delle armi portate su aerei da agenti sotto copertura. Ragioni per le quali anche alcuni membri del Congresso avrebbero espresso dubbi sull’efficienza del sistema, definito «un teatro della sicurezza, molto scenografico e invasivo, ma poco concreto». Critiche pesanti, respinte da Pekoske adducendo a sua difesa le 3.200 armi trovate ai controlli solo nell’ultimo anno, l’83 per cento già caricate. Non solo, ci sarebbero altri successi come il controllo dei bagagli e l’ispezione delle merci con la tecnologia 3D,. «Molte cose non si vedono», sostiene pure Jeffrey Price, docente di sicurezza aerea alla Metropolitan State University di Denver e autore di diversi libri sul tema: «La Tsa è uno dei deterrenti più efficienti contro gli attacchi. Se è un teatro, è di qualità. Visto che non abbiamo più subito alcun attacco». Altri numeri gli darebbero ragione: la scorsa estate, infatti, circa due milioni di persone sono passate attraverso i check point in territorio Usa, a fronte dei quali non si è registrato alcun problema. Un motivo in più per prendere l’aereo, consapevoli di essere a bordo di un mezzo tendenzialmente sicuro, ma anche che tutti pericoli non potranno mai essere previsti.

 

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