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11 settembre 1973: Cile, il golpe di Pinochet e l’ultimo discorso di Allende

La mattina dell’11 settembre 1973 i militari presero la Moneda. Il presidente Allende resistette fino all’ultimo e poi si tolse la vita. Ecco le sue ultime parole al popolo via radio.

11 Settembre 2021 12:0411 Settembre 2021 16:20 Redazione
l'11 settembre 1973 cosa accadde in cile

L’11 settembre è una data rimasta nella storia non solo per l‘attentato alle Torri Gemelle che costò la vita a 3 mila persone, ma anche per il Cile. Proprio l’11 settembre 1973 con un colpo di Stato i vertici miliari destituirono, dopo combattimenti nella capitale Santiago, il presidente della Repubblica democraticamente eletto tre anni prima Salvador Allende per imporre una dittatura con a capo il generale Augusto Pinochet.

LEGGI ANCHE: l’11 settembre 1683, quando gli ottomani vennero sconfitti a Vienna

11 settembre 1973: la repressione di Pinochet

Il parlamento venne sciolto e i sindacati dichiarati illegali. La dittatura poi represse duramente i sostenitori di Allende e dei partiti di sinistra. Quando in Cile tornò la libertà, nel 1990, una commissione costituita ad hoc denuncerà almeno 40 mila vittime del regime tra desaparecidos, morti, torturati ed esiliati. Un numero che però secondo i familiari delle vittime è molto più alto. Lo stadio di Santiago venne trasformato in un campo di concentramento al cui interno, per mesi, si consumarono torture e abusi.

 

Le riforme socialiste di Allende

Salvador Allende era stato eletto alla presidenza del Cile nel 1970 con l’Unidad Popular, coalizione formata da socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra. Avviò la riforma agraria e quella sanitaria, nazionalizzò le grande industrie, le banche, le agenzie assicurative e la maggior parte delle attività del Paese come la produzione e la distribuzione di energia elettrica e i trasporti. Tutte riforme che preoccupavano gli Stati Uniti e che erano ovviamente osteggiate dalla finanza e dalla borghesia imprenditoriale cilene.

11 settembre 1973: la presa della Moneda e il suicidio di Allende

L’11 settembre 1973, alle 6 del mattino, la marina occupò i punti nevralgici di Valparaiso, città della costa, arrestando politici locali e sindacalisti. Lo stesso avviene nelle altre città del Cile. Una volta saputo del golpe in corso, alle 7 e 30 il presidente Allende si rinchiuse nel palazzo presidenziale, la Moneda. L’esercito gli propose una resa senza condizioni ma lui rifiutò. Non solo, via radio invitò i cileni alla resistenza. Verso mezzogiorno il palazzo venne bombardato insieme con la residenza della famiglia Allende. L’ultima offerta dei militari al presidente è quella di lasciare il Paese. Offerta che Allende non accettò. I militari fecero irruzione nella Moneda. L’unico a non arrendersi fu proprio il presidente che rimase barricato nel suo ufficio con il medico. Secondo la testimonianza del suo medico Patricio Guijón, a quel punto Allende si sarebbe ucciso con l’AK-47 che gli era stato regalato da Fidel Castro. Nel 2011 una commissione incaricata di chiarire le circostanze della morte confermò la versione ufficiale del suicidio. I risultati dell’inchiesta vennero resi noti due mesi dopo la riesumazione del corpo chiesta dalla famiglia. Alcuni dei sostenitori di Allende avevano sempre sostenuto che il presidente fosse stato ucciso dai golpisti.

cosa è successo in cile l'11 settembre 1973
Augusto Pinochet (getty Images).

11 settembre 1973: le ultime parole di Allende ai cileni 

Ecco alcuni stralci degli ultimi discorsi di Allende ai cileni. Parole diffuse via radio ora dopo ora: dall’attacco a Valparaiso fino alla presa della Moneda.

«Le forze leali rispettose del giuramento fatto alle autorità schiacceranno il golpe fascista che minaccia la Patria»

«Lavoratori del Cile: vi parla il Presidente della Repubblica. Le notizie che ci sono giunte fino ad ora ci rivelano l’esistenza di un’insurrezione della Marina nella Provincia di Valparaiso. Ho dato ordine alle truppe dell’Esercito di dirigersi a Valparaiso per soffocare il tentativo golpista. Devono aspettare le istruzioni emanate dalla Presidenza. State sicuri che il Presidente rimarrà nel Palazzo de La Moneda per difendere il Governo dei Lavoratori. State certi che farò rispettare la volontà del popolo che mi ha affidato il comando della nazione fino al 4 novembre 1976. Dovete rimanere vigili nei vostri posti di lavoro in attesa di mie informazioni. Le forze leali rispettose del giuramento fatto alle autorità, insieme ai lavoratori organizzati, schiacceranno il golpe fascista che minaccia la Patria».

«Lascerò La Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato»

«Compagni in ascolto: la situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò La Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse. Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito. Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi. Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita».+

«La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine»

«In questo momento passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell’incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche. In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede. La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine. Questa è una tappa che sarà superata. Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria».

«Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano»

«La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che hanno continuato a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che hanno difeso anche i vantaggi di una società capitalista. Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere. Erano d’accordo. La storia li giudicherà. Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento».

 

 

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